Amministrative 2022: chi vince e chi perde, da Meloni e Letta a Salvini e Conte
Amministrative 2022 con vista sulle elezioni politiche. Le elaborazioni del voto nei 971 comuni e per i referendum sulla giustizia delineano scenari abbastanza nitidi. Nel centrodestra Giorgia Meloni é in fuga verso il traguardo di Palazzo Chigi e con Fratelli d’Italia ha staccato al sud al centro e soprattutto al nord la Lega di Matteo Salvini, mentre Forza Italia grazie al successo del Sindaco uscente di Genova, Bucci, e all’apporto assicurato a Lagalla a Palermo (dove è primo partito) e a Biondi a L’Aquila riesce a restare a ruota. Il Pd tiene e evidenzia il ruolo di catalizzatore dei voti dei 5Stelle della sinistra. Visto in prospettiva il campo largo tuttavia non decolla affatto perché i grillini sono riusciti a perdere più voti di quanto ne prevedessero i sondaggi. Mentre a Palermo, con Ferrandelli, a Catanzaro, Parma, L’Aquila e in altri comuni, l’alleanza di centro che fa campo ad Azione di Carlo Calenda ha raggiunto percentuali spesso a due cifre, che sommati ai voti del Pd potrebbero essere determinanti per scalare la maggioranza.
Chi Vince
Giorgia Meloni – Oltre all’indubbia abilità e al grande fiuto politico la leader di Fratelli d’Italia ha avuto la strada spianata dai continui e clamorosi autogol tanto di Matteo Salvini che di Silvio Belusconi. Lungo la rotta delle politiche le restano tuttavia da rimuovere insidiosi scogli, tra cui la scelta della classe dirigente e le scorie del populismo antieuropeo.
Enrico Letta – Il segretario del Pd conquista una preziosa e non scontata golden share politica: quella del centrosinistra e dei 5 Stelle in particolare. Se riuscirà a bypassare l’autunno, che a causa della guerra in Ucraina e della conseguente crisi economica sociale sarà particolarmente impegnativo, potrà permettersi di dare una regolata alle agguerrite correnti interne del Nazareno.
Giancarlo Giorgetti – Anche se quella del Ministro dello sviluppo rischia di essere l’amara vittoria dell’”avevo detto” o peggio una vittoria di Pirro, la domanda che tutti si fanno è: basterà l’autocritica di Matteo Salvini per tentare di far riprendere quota alla Lega? Oppure è necessaria una svolta per rilanciarla? La risposta soffia nelle stanze di via Bellerio e della Confindustria, ai vertici delle regioni leghiste e in vari ministeri, dove Giorgetti viene visto come il salvatore della Lega.
Chi pareggia
Carlo Calenda – Da solo contro tutti l’europarlamentare ha dimostrato di avere idee, seguito e soprattutto voti. Probabilmente se non fosse stato penalizzato dalla drammatica flessione dell’affluenza, soprattutto a Palermo, avrebbe sfiorato il ballottaggio. L’exploit di Calenda rappresenta l’avvio della formazione di una nuova aggregazione politica che si riconosce nel Premier Mario Draghi. Anche senza la benedizione e il riconoscimento da parte del Premier. Ne potrebbero far parte Renzi, i parlamentari in uscita da Forza Italia e in prospettiva probabilmente Beppe Sala e ambienti confindustriali e post leghisti.
Silvio Berlusconi – Il pareggio di Forza Italia che piazza esponenti di spicco a Genova, Catanzaro e Palermo segnala l’ennesimo ritorno sulla scena del Cavaliere che nonostante la ritirata strategica sul Quirinale, le riforme della giustizia e del catasto, per non parlare della politica estera, riesce a galvanizzare elettori e parlamentari. Complessivamente centrodestra e centrosinistra escono dal doppio confronto amministrative-referendum con l’aspetto di due compositi contenitori all’interno dei quali si agitano forze spesso contrapposte e in forte concorrenza. Mentre oggettivamente il Governo Draghi esce rafforzato dal successo dei leader di maggioranza e di opposizione che lo sostengono e dalla sconfitta di quelli che lo osteggiano, nel dettaglio delle singole forze politiche, per un paio di capi partito l’alba di rabbia del lunedì nero post elettorale si sta ulteriormente accendendo man nano che affluiscono i dati dello spoglio dei voti che in alcuni casi sono più deludenti delle proiezioni degli exit pool. Bilanci e prospettive di chi vice e di chi perde sono tuttavia già delineati.
Chi perde
Matteo Salvini – La debacle non solo numerica ma anche mediatica dei referendum lascia strascichi. Ancora non si capisce se dovrà affrontare un congresso anticipato o se potrà essere “commissariato” da uno specifico ufficio di segreteria formato da Giorgetti, Fedriga e Zaia.
Giuseppe Conte – Con queste percentuali alle Politiche non si va da nessuna parte. Una speranza per i 5 Stelle e Giuseppe Conte per non disperdere i residui consensi è quella di liste comuni col Pd. A 12 anni dalla fondazione da parte di Beppe Grillo e Gian Roberto Casaleggio del Movimento che doveva scardinare le istituzioni come una scatoletta di tonno, l’epilogo rammenta quello delle riserve indiane.
Per i partiti test sulle alleanze
Lo scrutinio delle schede è ancora in corso ma già in diverse città chiamate alle urne si delineano vincitori e vinti. E, soprattutto, i partiti iniziano a tirare le somme di quello che viene letto come un test degli equilibri e delle future alleanze in vista delle elezioni politiche del 2023.
Per il centrodestra il dato principale è che la coalizione se si presenta unita vince, mentre se va al voto divisa perde. Sul punto concordano FdI, Lega e Forza Italia. Più articolata la disamina nel centrosinistra. Nel Pd si ritiene che le urne indichino che la linea del ‘campo largò, voluta dal segretario Enrico Letta, ne esca rafforzata.
«Le due città principali al voto, Palermo e Genova, sono vinte dal centrodestra col contributo determinante della Lega e questo ci fa dire, nell’equilibrio centrodestra-centrosinistra, che almeno a questo primo turno la bilancia propende verso il centrodestra. Il centrodestra unito vince, a Verona, Parma o Catanzaro potrebbe vincere ma non vince e se la gioca al ballottaggio», commenta il leader leghista Matteo Salvini. Insomma, l’ex titolare del Viminale non ha alcuna incertezza: «Il centrodestra vince solo unito alle prossime politiche, chi fa calcoli con altri schemi non fa i conti con gli elettori». Gli alleati concordano con il leader della Lega: solo uniti si vince. «Dove il centrodestra si presenta unito i risultati sono evidenti, penso ad esempio a Palermo», commenta a caldo la vicepresidente dei senatori di FdI, Isabella Rauti. Quanto a Verona, dove il centrodestra si è presentato diviso, è «la conferma che dove il centrodestra non va insieme paga uno scotto».
Per questo «dobbiamo puntare ad arrivare al traguardo delle elezioni politiche con una coalizione unita attorno a un programma e idee condivise. Dobbiamo ricostruire e ricompattare l’unità della coalizione in vista delle politiche». Dello stesso avviso Forza Italia: «Per il centrodestra il primo dato lampante è che quando siamo uniti vinciamo, e bene», osserva Alessandro Cattaneo, responsabile dei dipartimenti del movimento azzurro. «Quando il centrodestra si divide quantomeno è più faticoso. Questo deve essere chiaro a tutti gli alleati», aggiunge.
Eppure la competizione interna tra Lega e FdI rischia di diventare un dato per nulla secondario. Secondo la prima proeizione sui voti di lista alle elezioni comunali, realizzata dal consorzio Opinio Italia per la Rai, Fratelli d’Italia ha superato la Lega a Genova (10,1% contro il 6,7%), a L’Aquila (18,8% contro 12,5%), Verona (10,2% contro 6,5) e a Parma (6,9% per FdI, 4,6 per la Lega). A Palermo Fratelli d’Italia si attesta all’8,4%, Prima l’Italia (la lista voluta da Salvini) al 4,7. E potrebbe non essere un caso che sia la Lega che soprattutto FdI tengano a ribadire la ‘regola basè per le politiche e la scelta della premiership: «Noi rispettiamo sempre le regole: chi prende un voto in più esprime il premier», scandisce Rauti. «La regola vale ancora. Vedremo, quando ci saranno le elezioni politiche, chi vorrà stare nel centrodestra. FdI è nel centrodestra», aggiunge il responsabile organizzazione Giovanni Donzelli. Una regola che anche Salvini non disconosce, anzi: «Il leader del centrodestra lo decideranno gli italiani alla prossime elezioni politiche. Io lavoro perchè ci sia un centrodestra unito. E’ ovvio che chi prende un voto in più vince».
Anche nel fronte opposto del centrosinistra si analizzano i primi risultati, seppur ancora parziali. E nel Pd si mostra un cauto ottimismo. «I primi dati sono incoraggianti. Dove si sono unite le forze progressiste, i risultati sono arrivati», spiega il tesoriere dem Walter Verini, che evidenzia in particolare «i risultati di Verona, Lodi, Parma e Piacenza che colpiscono. Nel Nord che sembrava inespugnabile le forze di centrosinistra hanno ottenuto risultati soddisfacenti». Quindi avverte: «Nel caso in cui il Pd si confermasse primo partito, significherebbe che da qui alle politiche può esserci un lavoro interessante da fare. Noi non vogliamo escludere nessuno. Le alleanze devono essere più larghe possibili e si assume una grande responsabilità chi nel campo del centrosinistra pone dei veti», conclude Verini. Il senatore dem Andrea Marcucci però incalza: «I risultati parziali delle amministrative ci danno una prima indicazione chiara: il Pd per competere deve avviare un dialogo con Azione, Italia Viva ed i civici».
Per Matteo Renzi «queste elezioni segnano al primo turno una vittoria sostanziale del centrodestra (da Palermo, dove la sinistra doveva aprirsi anche al centro, anzichè rinchiudersi nell’asse coi grillini, fino all’Aquila), ma dipingono soprattutto un quadro nel quale il grillismo è finito, con le liste di Conte che fanno il 5% a Genova, il 4% a Taranto oppure l’1% a Padova. Se fossi ancora un dirigente del Pd, mi porrei il tema di fare un’alleanza col centro riformista (che fa buoni risultati sia coi nostri candidati che con quelli di PiùEuropa/Azione) anzichè coi grillini. Staremo a vedere». Per Carlo Calenda la «vera novità è l’area riformista in crescita», spiega il leader di Azione.
Fonte: Gazzetta del sud
Referendum nel Lazio, affluenza ferma al 18,3%. Tra i votanti vince il sì
L’affluenza è stata più alta dove si votava anche per il rinnovo dell’amministrazione comunale: Frosinone 62,4 per cento; Viterbo 58,6 per cento; Rieti 58,2 per cento. A Latina 15,1%
Affluenza al 18,3 per cento nei 378 comuni del Lazio dove domenica 12 giugno si è votato per i referendum abrogativi sulla giustizia. A Roma la partecipazione alla chiusura delle urne è stata del 13,6 per cento: dato che è salito al 16,7 per cento nel complesso dei 121 comuni dell’area metropolitana. Negli altri capoluoghi l’affluenza è stata più alta dove si votava anche per il rinnovo dell’amministrazione comunale: Frosinone 62,4 per cento; Viterbo 58,6 per cento; Rieti 58,2 per cento. A Latina, dove si votava per le amministrative soltanto in alcune città della provincia, il dato sul referendum ha visto una partecipazione del 15,1 per cento.
Schiacciante la vittoria dei sì, nella regione, in quasi tutti i quesiti. Chi ha scelto di votare — anche nel Lazio una percentuale bassa — ha preso la strada dell’abolizione delle norme in vigore. Con una percentuale del 53,97%, i sì hanno superato i pareri negativi nel voler cancellare la legge Severino.
Il terzo quesito, contenuto nella scheda di colore giallo, vuole che i magistrati decidano all’inizio della carriera se essere pm o giudici giudicanti, senza più possibilità di cambiare nel corso della carriera. Qui la percentuale dei sì nella regione è stata più netta, del 74,01%. Ugualmente c’è un grosso stacco per il quesito sulla concessione ad avvocati e professori universitari che già siedono nei consigli giudiziari di dare pareri sulla professionalità dei magistrati (71,94% a fronte del 28,06% di no).
Infine l’ultimo quesito, il quinto, quello contenuto nella scheda di colore verde , per togliere l’obbligo di procurarsi almeno 25 firme al magistrato che voglia candidarsi per il Consiglio superiore della magistratura. Secondo il Sì si liberalizzerebbero le candidature di aspiranti membri togati del Csm aprendole alla più amplia platea possibile dei magistrati . I votanti del Lazio si sono espressi a favore con una percentuale molto alta, del 75,52%.
Fonte: Corriere Roma
Draghi in visita in Israele, tra autorità e comunità italiana: “I nostri legami si sono rafforzati”
Il premier ha incontrato il presidente della Repubblica e, nelle prossime ore, avrà colloqui con il premier Bennett e il ministro degli Esteri Lapid. Giunta in Israele anche la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen
“Da 60 anni questo Tempio rappresenta un punto culturale per gli italiani in Israele. È un pezzo di Italia in Israele” dice il premier Mario Draghi nel corso della sua visita al Tempio italiano di Gerusalemme, all’inizio della due giorni in Medio Oriente. “Dal dopoguerra ad oggi – aggiunge il presidente del Consiglio – i legami tra Italia e Israele si sono rafforzati in ogni campo. Nella ricerca, tramite la collaborazione universitaria e il lavoro dei singoli – come Giulio Racah, che contribuì in modo significativo a sviluppare la fisica qui in Israele. Nell’economia, grazie alle floride attività imprenditoriali di emigranti italiani in Israele e di israeliani in Italia. Nel campo della cultura, dal cinema alla letteratura, dall’architettura al design” illustra Draghi.
“Le istituzioni italiane sono attive nella lotta all’antisemitismo. Il governo è impegnato a rafforzare la memoria della Shoah, vogliamo promuovere la conoscenza della cultura ebraica nei musei italiani” ha detto ancora Draghi, precisando che l’Italia vuole “contrastare l’ignoranza e sconfiggere l’indifferenza”. Il riferimento è alle leggi razziali promosse dal Fascismo e il premier non si sottrae a parole esplicite di condanna in questo senso: “Lo sviluppo della comunità italiana è direttamente legata ai terribili fatti del Ventennio, in particolare all’introduzione delle leggi razziali nel 1938. Le enormi colpe del nazifascismo e gli orrori della guerra non hanno diminuito l’importanza della diaspora ebraica in Italia, che ancora oggi è ricca di energia, spirito, tradizione”.
Il presidente del Consiglio, giunto nel primo pomeriggio in Israele, ha già incontrato il presidente della Repubblica Isaac Herzog presso il palazzo presidenziale, per poi recarsi al Tempio italiano di Gerusalemme, dove ha visitato il Museo di arte ebraica “Umberto Nahon” e la Sinagoga italiana, incontrando i rappresentanti della comunità di origine italiana presente nel Paese mediorientale. Sono previsti incontri nelle prossime ore con il primo ministro Naftali Bennett (domani) e il ministro degli Esteri Yair Lapid (alle 19 di oggi, alla Knessett, il Parlamento israeliano). Con quest’ultimo, in particolare, si è trattato di rafforzamento dei legami tra Israele e Italia, la situazione geopolitica sulla scia della guerra in Ucraina e la cooperazione tra i due paesi. Lapid ha definito l’incontro con Draghi “un confronto diplomatico a tutto campo”.
Nell’agenda del premier italiano ci sono incontri con “la comunità ebraica italiana a Gerusalemme, la capitale, che funge da ponte fra i due paesi e le due culture”, ha detto in occasione della partenza l’ambasciatore israeliano in Italia, Dror Eydar. “Visiterà anche lo Yad Vashem, dove potrà osservare da vicino personalmente la nostra storia recente, avvenuta meno di 80 anni fa” ha aggiunto l’ambasciatore Eydar. Domani il presidente del Consiglio si recherà in Palestina per incontrare nel palazzo di Ramallah il primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh. Qui si terrà la cerimonia di firma di intese bilaterali tra Italia e Palestina; a seguire dichiarazioni congiunte alla stampa. In serata il rientro a Roma da Tel Aviv.
Intanto, in queste ore è giunta in Israele anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
Fonte: Rai News
Maturità 2022: mascherine solo raccomandate
Mascherina solo raccomandata per gli esami di maturità. Sarebbe la linea emersa dall’incontro di oggi tra il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e quello della Salute Roberto Speranza.
Secondo quanto si apprende agli esami di Stato, sia del primo che del secondo ciclo, quindi, verrà meno l’obbligo di indossare la mascherina, che verrà solo raccomandata. Sarà, dunque, proposta una norma al prossimo Consiglio dei Ministri, alla quale seguirà poi una circolare esplicativa alle scuole.
Tra i partecipanti anche il Presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, che ha illustrato il quadro epidemiologico attuale in vista della ripresa in piena sicurezza del prossimo anno scolastico.
Fonte: Roma
Da ‘anima candida della Roma’ a candidato sindaco di Verona: Tommasi premiato dagli exit poll
L’ex centrocampista della Roma, Damiano Tommasi, protagonista dell’ultimo scudetto della squadra giallorossa nel 2001, sta vivendo una secondo vita d’impegno nella politica. Candidato per le elezioni amministrative della sua città, l’ex anima candida dopo il voto di domenica è stato premiato dagli exit poll che gli accreditano una forbice tra il 37 e il 41% dei voti collocandolo in testa nella corsa per la poltrona di primo cittadino della città di Verona. Tra i tanti sostenitori di Tommasi c’è anche lo speaker romanista
Carlo Zampa, colui che lo ribattezzò ‘l’anima candida della Roma’, durante la cavalcata che portò la squadra di Fabio Capello a vincere il il tricolore. “Se lo meriterebbe- commenta Zampa all’Adnkronos – è una persona perbene, è una persona onesta. Lavorerebbe bene e farebbe del bene alla sua città. Non ho proprio il benché minimo dubbio su questo. E’ un uomo estremamente corretto in tutto e per tutto. E’ stato uno di quei giocatori e atleti apprezzati dai tifosi, anche da quelli avversari. Ce ne vorrebbero veramente molti come lui. Avere una persona come lui è una garanzia per quanto riguarda l’onestà e il modo di fare e gestire le cose. Gli faccio i miei auguri, spero di cuore che possa raggiungere questo obiettivo per lui e per la città di Verona che ne trarrebbe sicuramente giovamento” conclude.
Fonte: Roma news
Funweek: Niente ‘maratona Mentana’? Gli utenti spiazzati dopo le elezioni e i referendum 2022
Domenica 12 giugno si è svolto per gli italiani il voto per i referendum abrogativi sulla Giustizia e per le elezioni amministrative in alcuni comuni.
Fonte: Funweek.it
Per tutte le info: info@roma-news.it
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