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Roma è la città più povera d’Italia. Nel disagio 1 romano su 4, Caritas choc

Guerra in Ucraina, Covid-19; Crisi economica: è la Caritas di Roma che toglie il velo sull’ipocrisia del rilancio della Capitale, offrendo a chi governa un dato terribile: una persona su quattro a Roma (pari il 23,6%) vive in uno stato di “disagio economico”, il 10,3% è in “grave deprivazione materiale”, il 14,1% è a rischio povertà mentre il 6% “arriva con fatica a fine mese”.

Il Rapporto di Caritas Roma sulla povertà nella Capitale è una fotografia che vede non solo una situazione peggiore in alcuni casi alla media italiana ma anche l’allargarsi della forbice tra quel 2,4% di cittadini che detiene un reddito superiore ai 100mila euro e il 18% del reddito totale e il resto della popolazione. Quattro romani su 10 hanno un reddito inferiore ai 15mila euro.

Il lavoro è sempre più povero

A Roma è sempre più diffuso il cosiddetto “lavoro povero”. Il tasso di occupazione è al 69,9% e quello di mancata partecipazione al lavoro è pari al 14,4%. Ma i dati più rilevanti riguardano il lavoro precario e malpagato. Osservando l’incidenza dei lavoratori che hanno contratti a termine da più di 5 anni si nota che nella Capital il tasso è pari al 21%, una condizione che riguarda coloro che si trovano nella cosiddetta trappola della precarietà. Ad essa si va ad aggiungere la situazione dei dipendenti con una retribuzione inferiore ai 2/3 di quella mediana sul totale, che a Roma raggiunge il 13,5% dei lavoratori, con valori superiori a quelli del Lazio (11,1%) e a quella di alcuni altri grandi Comuni come Milano (12,5%), Bologna (11,5%), Genova (10,9%), Firenze (8,3%) e Torino (8,1%).

Una città migliaia di solitudini e di rinunce

Quasi il 45% della popolazione romana vive sola, un dato che risulta in aumento rispetto al 44,6% nell’anno precedente. In particolare i valori massimi di famiglie monocomponenti si registrano con il 58,5% nel Municipio I, quello del centro storico e quelli minimi nel VI Municipio, quello delle Torri, con il 36,6%.

Durante il 2020, l’anno dell’avvio della pandemia, il 9,6% della popolazione italiana ha dichiarato di avere rinunciato a una o più prestazioni sanitarie pur avendone bisogno e la meta dichiara di averlo fatto per una causa connessa al Covid-19. Nel 2019 invece il tasso percentuale era del 6,3%, quindi si e avuto un incremento di più di 3 punti percentuali.

IN un anno + 5% di chi ha rinunciato a curarsi

In particolare, sottolinea il documento, nella fascia di 65-74 anni, l’aumento di persone che dichiarano di avere rinunciato ad una visita medica risulta essere del +5,8% rispetto al 2019 mentre per le persone sopra i 75 anni d’eta si arriva ad un +8,1%. Considerando l’aumento delle rinunce alle prestazioni sanitarie per territori (per tutte le categorie d’eta) la zona maggiormente colpita e il Nord con più4,7 punti di differenza rispetto al 2019.

Dal governo 2,4 miliardi per i trasporti di Roma: due terzi serviranno a completare la linea C

Al netto dei fondi destinati alla mobilità cittadina mancano ancora 1,2 miliardi per la T2, la tratta tra Piazza Venezia e Piazzale Clodio

Ci sono 2,4 miliardi per consentire che Roma recuperi il gap con le altre Capitali europee in tema di mobilità sostenibile. Buona parte di queste risorse, pari a 1,8 miliardi, sono destinate al completamento della linea C.

Tante auto in città

Come ha ricordato il Roberto Gualtieri, nel corso dell’incontro (in streaming) che il ministro Enrico Giovannini  ha tenuto con 5 sindaci, “Roma ha una dotazione di mobilità pubblica del tutto inadeguata e non paragonabile ad altre città”. La cura del ferro è una medicina quindi su cui investire, ma servono molte risorse per cambiare radicati abitudini. Roma è la città con più auto pro capite ed in effetti vi circolare “2,4 milioni di veicoli a cui si aggiungono, ogni giorno – ha ricordato Gualtieri – 300mila auto che portano 800mila pendolari”. Serve quindi un’invenrsione di rotta che può essere garantita solo potenziando il trasporto pubblico. 

I fondi per terminare la C

“Sulla linea C – ha sottolienatoio Gualtieri – abbiamo 610 milioni più 145 di un residuo, per un totale di 755, per la stazione di piazza Venezia che sarà fondamentale e che ci consentirà anche un lavoro molto significativo per il rilancio della pedonalizzazione dei fori imperiali. Poi otteniamo 990 milioni per il primo lotto costruttivo della tratta T2 (quella che andrà da Piazza Venezia a piazzale Clodio ndr), in attesa che arrivi una norma. E’ un tassello importante anche se per completare la T2 mancano ancora 1,2 miliardi”.

Le risorse che mancano

L’incontro con Giovannini è stato utile per ricordare quali sono le risorse a disposizione, che arriveranno con i fondi del PNRR e con il finanziamento speciale appena approvato per il trasporto rapido di massa. Roma ha ottenuto quasi 1,8 miliardi, per l’esattezza 1784 milioni milioni per realizzare la sub tratta Venezia-Colosseo e per il promo lotto costruttivo della tratta T2. Mancano però ancora dei fondi. “Serve un altro miliardo per portare la linea B a Casal Monastero e per il prolungamento della linea A. E poi serve un altro miliardo ancora per la manutenzione, a fronte del fatto che finalmente abbiamo messo a terra i famosi 485 milimanconi stanziati dall’ex ministro Delrio”.

Le tranvie

Ci sono poi i tram.  Su quel fronte Gualtieri si è detto soddisfatto per aver ottenuto “grazie alla rimodulazione delle risorse per il tram dei Fori, altri 173 milioni, più 11 per il deposito di Centocelle, per la tratta Venezia-Giureconsulti del tram Tva, che già aveva ottenuto 105 milioni per la tratta Termini-Venezia”. Sempre in relazione alle tranvie, sono “Già finanziati 184 milioni per la linea Togliatti, 23 per la Tiburtina, e 118 per la Giardinetti. E poi abbiamo avviato la progettazione per altre 7 tranvie”. Il pacchetto di misure, finalizzato ad offrire ai romani un’alternativa reale all’impiego delle auto, so completa con i 292 milioni investiti per la flotta di bus elettrici, con l’obiettivo dichiarato dal sindaco “di arrivare a 1000 entro il 2030”. Per ora i fondi sono per comprarne 411. E nel frattempo bisogna risolvere il nodo dei depositi dove portarli. Ma anche su questo, il Campidoglio, ostenta fiducia.

Fonte: Roma Today

Negli esercizi commerciali non si dovrà più controllare il green pass. Da Trastevere a Prati, un coro di perplessità: la crisi resta; «Siamo passati dalla paura della pandemia a quella della bomba atomica».

 

Lì vicino, in via dei Gracchi, c’è lo storico «Profondo rosso». Seduto in penombra tra maschere horror, Luigi Cozzi è stanco dell’emergenza: «Le restrizioni hanno reso più difficile l’afflusso dei clienti: basta vedere gli incassi, di tutti. La notizia è buona, ma queste norme sembrano servite più ad aumentare la crisi che a prevenire il contagio. A rimetterci sono stati gli esercenti». In via Cola di Rienzo, Alberto, 50 anni, titolare del negozio «Pull stop», non vuole tornare ai tempi di quando la città era deserta: «Solo a parlarne mi vengono i brividi. Ora molti lavoratori sono in smart working, quindi ci sono meno clienti e da oggi non cambierà molto. Noi siamo stati attenti: controlli a campione e se qualcuno non indossava la mascherina lo facevamo uscire». Dall’altro lato della via, Yana lykhoden, 31 anni, e Meg Rea, 25, di «Dan John», non vedono grandi cambiamenti: «Abbiamo eseguito i controlli nei fine settimana, con più gente, non facevamo entrare tutti insieme. Ma la notizia è positiva e fa ben sperare».

Ai Parioli Marina Cirlo, 60, della profumeria «Malugani», concorda sull’irrilevanza della decadenza del green pass per i clienti, ma insiste sulle norme di sicurezza: «Siamo attenti a far indossare i dispositivi di protezione, a far igienizzare le mani, come noi ogni sera facciamo con il negozio».Tania Benvenuti gestisce invece il negozio di abiti usati «Twice», a Trastevere: «Non cambia molto in realtà. I controlli li ho effettuati a campione. Non ho mai avuto problemi, tranne con chi non voleva indossare la mascherina. A loro chiedevo sempre il green pass ed erano tutti senza». A pochi passi, in vicolo de’ Cinque, Simone Darot, della bottega di lampade «Lumiers», conferma le opinioni dei colleghi e aggiunge: «Qui non ha influito molto il green pass. Più attenzione ho dovuto metterla nel far rispettare la mascherina e la distanza tra i clienti. La difficoltà vera per noi è stata non poter viaggiare nel periodo più buio della pandemia».

Fonte: Corriere Roma

Per tutte le info: info@roma-news.it

 

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