Papa Francesco prega per una ‘tregua’ di Natale in Ucraina e in piazza san Pietro si benedicono i presepi
Città del Vaticano – Tra un appello per fare fermare in Sud Sudan i nuovi scoppi di violenza e la preghiera per la pace in Ucraina a ridosso del Natale, all’Angelus in Piazza San Pietro hanno trovato spazio anche le proteste delle Magliette Bianche, i gruppi di cittadini che da anni sono organizzati per la tutela della salute e dell’ambiente all’interno o in prossimità di territori gravemente inquinati: Venezia, Porto Marghera, Gela, Priolo, Fidenza, Cogoleto Sulcis. L’elenco dei siti critici è lungo ed è oggetto di continui monitoraggi e inchieste.
Nei giorni precedenti all’Angelus le Magliette Bianche hanno diffuso un Sos al governo, così come alla maggioranza e alla opposizione di Camera e Senato. «Auspichiamo un’attuazione piena delle leggi esistenti e la creazione di nuove norme nell’ottica di un’efficace tutela della salute, con un ruolo operativo e di coordinamento del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Chiediamo inoltre procedimenti amministrativi e penali rapidi ed efficaci, affinché il principio “chi inquina paga” sia realmente rispettato e siano finanziate le bonifiche anche dalle aziende colpevoli, con ristoro dei danni subiti dalla collettività».
Quest’anno è ripresa dopo la pausa per il Covid la tradizionale Benedizione dei Bambinelli, un appuntamento molto sentito che accompagna da molti decenni il cammino natalizio di bambini di Roma.
Fonte: Il Messaggero
Mattarella: “Inaccettabili le sentenze capitali”. Corteo a Roma: “L’Italia cacci l’ambasciatore”

Iran «maglia nera» del 2022 per i diritti umani, insieme a Russia e Afghanistan, secondo Amnesty International Italia. Ecco perché quella di ieri, per il portavoce Riccardo Noury, è stata «una celebrazione amara» della Giornata Internazionale dei Diritti Umani, perché è stato un «anno segnato dalla guerra e dai crimini delle forze russe in Ucraina», oltre che «dall’attacco al diritto di protesta pacifica che è particolarmente grave in Iran».
Per questo ieri si sono alzate le voci della piazza e delle istituzioni anche in Italia, con il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha ricordato quanto «dignità, libertà e giustizia per tutti» siano «traguardi che non sono stati raggiunti in tante parti del mondo». Mattarella ha citato «la brutale aggressione subita dal popolo ucraino» e anche «la repressione contro quanti si oppongono alle violenze sulle donne financo con inaccettabili sentenze capitali e i tentativi di sopprimere le voci dei giovani che manifestano pacificamente per chiedere libertà e maggiori spazi di partecipazione». L’amare costatazione del presidente è che a essere «colpiti sono sempre i più vulnerabili e indifesi». Ma da parte dell’Italia c’è l’impegno alla «difesa e promozione dei diritti umani», «in aderenza al dettato costituzionale e in spirito di autentico multilateralismo» e «a favore delle iniziative di difesa e promozione dei diritti umani sviluppate sia in ambito nazionale sia nel contesto internazionale».
Un impegno che viene confermato dal nostro esecutivo. Il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha sottolineato: «Alla promozione e alla difesa dei diritti umani nel mondo si ispira l’azione di politica estera del Governo italiano». Con un chiaro riferimento all’Iran, il ministro ha aggiunto amareggiato: «Assistiamo con sgomento alla violenta repressione dei giovani e delle donne in Iran e all’uso della pena capitale». E sull’uccisione del giovane manifestante iraniano Mohsen Shekari, Tajani ha confermato «l’incondizionata opposizione dell’Italia alla pena di morte», ribadendo massima fermezza verso ogni violazione dei diritti e delle libertà fondamentali della persona.
C’è chi, tuttavia, chiede che venga fatto di più. Sono i manifestanti scesi in piazza ieri in Italia, a Roma e Firenze, esibendo cappi di cartone proprio per ricordare la prima impiccagione per le proteste in Iran. Nella capitale, corteo al grido «Donna, vita, libertà» e «No alle dittature» per la mobilitazione organizzata dal Partito Radicale nella Giornata mondiale per i diritti umani, mentre decine di persone si sono riunite davanti all’ambasciata dell’Iran. «Il governo italiano sta facendo troppo poco per noi. Non ci servono condanne a parola, ma occorrono i fatti: noi chiediamo l’espulsione degli ambasciatori dell’Iran», ha spiegato una manifestante mentre si alzava il coro «Italia, caccia via gli assassini».
Con quasi 500 manifestanti uccisi, oltre 18mila arrestati, nomi e dati di 44 bambini uccisi durante le proteste, raccolti da Amnesty International insieme alle testimonianze sulle minacce ricevute dai parenti di almeno 13 delle piccole vittime da parte del governo di Teheran. L’Iran è il Paese dove «l’attacco al diritto di protesta pacifica è particolarmente grave», spiega il portavoce di Amnesty Italia che, oltre ai crimini in Ucraina, ricorda la tragica situazione delle donne in Afghanistan. Ma «se la repressione è massiccia, il coraggio delle attiviste e degli attivisti per i diritti umani è qualcosa da onorare ogni giorno», sottolinea Riccardo Noury. Che spiega: «Oggi la Dichiarazione universale dei diritti umani copie 74 anni, ma l’organismo dell’Onu è bloccato da veti contrapposti». Per questo «Amnesty International continua a chiedere che ci sia una riforma delle Nazioni Unite in cui, a fronte di minacce di crisi dei diritti umani, non si possa esercitare il potere di veto». GaCe
Fonte: Il Giornale
Oleh, una “Vita in Movimento” dall’Ucraina a Roma, volando su uno skate
Adora la velocità dello skateboard e quella sensazione che si prova durante il salto a mezz’aria. Per lui rappresenta bene la vita e la velocità del cambiamento che viviamo ogni giorno. Oleh, 16 anni, originario di Charkiv (Ucraina), è proprio attraverso uno skate che ritrova il sorriso a Roma.
Il ragazzo lascia l’Ucraina appena un mese dopo l’inizio del conflitto. Desiderava da tempo conoscere l’Italia, perché è lì che sua madre si è trasferita pochi anni prima per trovare lavoro, ma di certo non lo aveva mai pianificato né aveva mai pensato potesse accadere tanto presto.
È successo tutto quella notte di fine febbraio. Intorno alle 5 del mattino Oleh sente il rumore dei raid aerei nelle città vicine. Passa alcuni giorni in un bunker, con parenti e conoscenti. Ha con sé solo una valigetta d’emergenza, dove mette pochissime cose, non credeva che la guerra sarebbe cominciata davvero. Negli ultimi giorni era stato intervistato da un giornalista e aveva detto esattamente quelle parole. Eppure tutto attorno cambiava. Oleh fotografa un carro armato proprio vicino casa sua, quella visione lo preoccupa. Così pochi giorni dopo lascia tutto per raggiungere la mamma in Italia.
È in un parco vicino la Piramide Cestia, a Roma, che Oleh si allena tutti i giorni. Ricorda il momento in cui è arrivato, dopo aver lasciato tutto. Con i primi soldi messi da parte compra subito uno skate. Così lo sport aiuta il ragazzo a ricostruire la vita in una città nuova, a conoscere nuovi amici. “Per me lo skate è movimento – racconta – proprio come la vita”.
Oleh adora la fotografia. Tra i suoi scatti i suoi amici skateboarders, ma anche i graffiti e la street art: “Rendono le strade più colorate”dice.
Tra le sue foto preferite, quella di un treno. Lo colpisce lo spazio grigio colorato da graffiti. Per lui, simboleggia la vita che va avanti.
Oleh è uno dei 16 adolescenti e giovani che hanno partecipato al workshop fotografico organizzato dall’UNICEF in collaborazione con il fotografo Giacomo Pirozzi. Attraverso gli scatti, diventati parte della mostra “Vite in Movimento” ha descritto il suo passato nella terra d’origine, il presente fatto di cambiamenti veloci e un futuro incerto, ma tutto da costruire.
Fonte: Unicef