Ucraina: staffetta diplomatica tra Roma, Parigi, Berlino e Bruxelles
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz andrà presto a Kiev con Mario Draghi ed Emmanuel Macron: a sostenerlo, in un articolo pubblicato questo sabato, è stato il quotidiano tedesco Bild am Sonntag, che avrebbe appreso la notizia da fonti governative francesi e ucraine.
La visita potrebbe scuotere uno stallo diplomatico che si trascina ormai da mesi tra Kiev e Berlino, con la Germania che è stata spesso accusata di eccessive esitazioni nel soccorrere l’Ucraina e nel rompere con Mosca.
Intanto il presidente ucraino Zelenskyy si è detto fiducioso in un esito positivo per quanto riguarda l’adesione all’Union europea, un percorso che – per verità – è parso sempre più in salita, negli ultimi giorni, dopo gli iniziali entusiasmi degli Stati membri.
Sabato la presidente della Commissione Ursula Von der Leyen, in visita a Kiev,ha passeggiato per Maidan Nezalezhnosti, ovvero Piazza Indipendenza, dove nel 2014 fu tenuto a battesimo il movimento filoeuropeista di Euromaidan.
La Presidente, al suo secondo viaggio in Ucraina dallo scoppio della guerra, ha visitato la piazza dopo un incontro con il Presidente Zelenskyy, durante il quale i due hanno discusso delle aspirazioni dell’Ucraina all’adesione all’UE.
Von der Leyen ha rassicurato Zelensky, affermando che il braccio esecutivo dell’Unione sta lavorando “giorno e notte” sulla valutazione d’ammissibilità dell’Ucraina, che si vorrebbe pronta entro il 19 giugno
Fonte: Euronews
Papa Francesco sull’Ucraina: “Il tempo non raffreddi il nostro dolore”
Per favore non abituiamoci a questa tragica realtà, abbiamola sempre nel cuore, preghiamo e lottiamo per la pace”, ha detto il Pontefice
Il Papa all’Angelus ha rivolto, ancora una volta, il suo pensiero “alla popolazione ucraina afflitta dalla guerra. Il tempo che passa non raffreddi il nostro dolore e la nostra preoccupazione per quella gente martoriata. Per favore non abituiamoci a questa tragica realtà, abbiamola sempre nel cuore, preghiamo e lottiamo per la pace”.
Inoltre, il Pontefice ha ricordato che oggi ricorre la Giornata mondiale contro il lavoro minorile: “Impegniamoci tutti per eliminare questa piaga perché nessun bambino o bambina sia privato dei suoi diritti fondamentali e costretto o costretta a lavorare. Quella dei minori sfruttati per il lavoro è una realtà drammatica che ci interpella tutti”.
Fonte: Sky TG24
Draghi in Israele e Palestina, focus su Ucraina ed energia
Incontri con Herzog, Bennet e Shtayyeh e visita a Museo Olocausto
La situazione in Ucraina e la crisi energetica sono due dei temi al centro della visita del presidente del Consiglio Mario Draghi in Israele e Palestina.
Il premier arriverà domani pomeriggio all’aeroporto di Tel Aviv e da lì si recherà a Gerusalemme dove, alle 17, incontrerà il presidente dello Stato di Israele, Isaac Herzog al Palazzo presidenziale. A seguire, alle 18 circa, al Tempio Italiano visiterà il Museo di arte ebraica e la Sinagoga italiana. Qui incontrerà i rappresentanti della Comunità italiana e firmerà il Libro d’onore. La giornata si concluderà alle 19 con l’incontro alla Knesset con l’Alternate Prime Minister e ministro degli esteri israeliano, Yair Lapid.
Martedì mattina Draghi si recherà allo Yad Vashem per la visita al Museo dell’Olocausto, dove è in programma la cerimonia di deposizione di una corona alla Tenda della Rimembranza e la firma del Libro d’onore. Alle 11 si terrà l’incontro con il Primo ministro israeliano, Naftali Bennet. Al termine ci saranno dichiarazioni congiunte alla stampa. Al centro dei colloqui ci sarà in primo luogo la guerra in Ucraina: Draghi sta lavorando, insieme ai partner europei, per una soluzione diplomatica e, nell’immediato, allo sblocco degli stock di grano fermi nei porti ucraini. In questo Israele può giocare un ruolo importante, vista la posizione tenuta nei confronti della Russia: pur condannando l’invasione, infatti, il governo israeliano ha tenuto fin qui una posizione meno netta nei confronti di Mosca. Per quanto riguarda l’energia, sul tavolo ci sono le prospettive di medio-lungo periodo sull’idrogeno verde e sulle rinnovabili, ma Roma è anche molto interessata al progetto “Eastmed”, il gasdotto da 1.900 chilometri (su cui è in corso lo studio di fattibilità) che collegherebbe i giacimenti israeliani e ciprioti alla Grecia e poi all’Italia.
Dopo l’incontro con Bennet, nel pomeriggio il presidente del Consiglio si recherà in Palestina. Alle 15 a Ramallah incontrerà il Primo Ministro Palestinese, Mohammad Shtayyeh. E’ prevista la firma di intese bilaterali tra Italia e Palestina, seguite da dichiarazioni alla stampa.
In serata Draghi rientrerà a Roma da Tel Aviv. Il viaggio di domani apre una fitta agenda di appuntamenti internazionali per il presidente del Consiglio, che alla fine di giugno parteciperà al Consiglio europeo a Bruxelles, al G7 di Elmau in Germania e al vertice Nato di Madrid. Prima però, secondo quanto riportato ieri dalla tedesca “Bild”, il premier potrebbe fare una visita a Kiev, insieme al presidente francese Emmanuel Macron e al cancelliere tedesco Olaf Scholz. All’inizio di luglio, il 5, Draghi sarà poi ad Ankara, per un bilaterale con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
Fonte: Askanews
Guerra Ucraina, per la crisi del grano spunta l’ipotesi Romania: di cosa si tratta
Il Paese invaso dalla Russia esportava 5 milioni di tonnellate di grano al mese, dall’inizio del conflitto ha superato a fatica il milione. Il trasporto ferroviario con la Lituania non basta, e la via di un aiuto bielorusso non convince Bruxelles. Così L’Ue pensa alla regione del Delta del Danubio, che confina con l’Oblast di Odessa e ha una serie di canali navigabili, fra cui il Canale Bystroe
Con il proseguire della guerra in Ucraina, continua ad aleggiare lo spettro di un’emergenza alimentare legata alla crisi del grano. Secondo Kiev, i russi ne hanno distrutto “fino a 300mila tonnellate” solo nel porto di Mykolaiv. E così si fa strada la “carta Romania”
L’Ucraina, in tempi di pace, esportava 5 milioni di tonnellate di grano al mese. Mediamente, in questi mesi di guerra, ha superato a stento il milione
Il trasporto ferroviario, sebbene dalla fine di maggio i corridoi del grano stabiliti dall’Ue abbiano cominciato a collegare Lituania e Ucraina, non può bastare anche a causa della scarsa compatibilità delle misure dei vagoni ucraini con quelle dei Paesi baltici
La via bielorussa, rispetto all’utilizzo del Mar Nero, resterebbe la soluzione più praticabile ma chiedere l’aiuto del presidente Aleksander Lukashenko non è certo il primo obiettivo di Bruxelles
La crisi del grano ha fatto da sfondo anche alla seconda visita di Ursula von der Leyen a Kiev, ed è stata oggetto dell’incontro tra la presidente della Commissione europea e il premier Denys Schmyhal
Ed è in questo contesto che, nelle trattative tra l’Ucraina e gli alleati, si sta facendo spazio la exit strategy rumena: l’Oblast di Odessa confina infatti con la regione del Delta del Danubio, nella Romania orientale
Una serie di canali navigabili fa da collegamento tra i due Stati e, uno di questi, è il Canale Bystroe, voluto quasi vent’anni fa da Kiev e a lungo osteggiato da Bucarest per motivi legati alla salvaguardia del Delta. Ora, però, grazie a quel corso d’acqua lo spettro della crisi alimentare potrebbe essere allontanato
Ventidue milioni di tonnellate di grano sono bloccate nei magazzini ucraini, potenziali vittime di saccheggi e bombardamenti aerei, e a Bruxelles non hanno visto alcun progresso sul fronte del Mar Nero. Dove, per l’Ue e anche per Kiev, l’obiettivo minimo resta sbloccare il porto di Mariupol
Von der Leyen, la prossima settimana, si occuperà in prima persona del dossier, andando in Egitto dove incontrerà Al Sisi, kingmaker di una delle regioni più danneggiate dalla crisi del grano, quella mediorientale
A Kiev come a Bruxelles c’è la consapevolezza che una scorta militare alle navi del grano resti necessaria e si guarda, in questo senso, ancora alla leadership dell’Onu
Fonte: Sky TG24
Ucraina. L’estate calda dei pacifisti italiani Da Roma a Kiev, l’impegno continua
Sono quattro gli appuntamenti da segnare in rosso in agenda per chi è impegnato in una soluzione del conflitto senza armi: 18 giugno a Roma, 24 giugno e 14 luglio a Odessa, 11 luglio a Kiev
I 108 giorni di guerra che hanno sconvolto l’Ucraina e messo in crisi l’economia mondiale non hanno ancora messo all’angolo il movimento per la pace. Né in Italia, né in Europa. Quattro gli appuntamenti in rosso sull’agenda pacifista: 18 giugno a Roma, 24 giugno e 14 luglio a Odessa, 11 luglio a Kiev. Un’azione tenace e ostinata, anche se in buona parte ignorata dai grandi mezzi di informazione.
Dopo tre mesi e più di mobilitazione e grandi manifestazioni, il popolo pacifista è ancora attivo sui territori, con una serie di numerosi incontri e iniziative capillari. Un’attività dal basso, che fa da supporto a importanti appuntamenti nazionali. Dopo l’incontro a Bruxelles delle organizzazioni per la pace, organizzato il primo giugno dalla rete di Solidar – gruppo di Ong europee che si occupa di cooperazione, aiuto umanitario, servizi sociali e formazione e collabora con i sindacati –, il 18 giugno si replica a Roma su scala nazionale. Ospitati nella sede dell’Agesci, si incontreranno le oltre 60 associazioni di Rete italiana Pace e Disarmo, più altre dodici organizzazioni, per discutere su come “Costruire un’Europa di pace”. L’incontro sarà dalle 14 alle 18 in largo dello Scautismo 1, anche in streaming: «Non è più sufficiente dichiararsi per la pace, ma serve discutere su come agire».
Subito dopo partirà la prima di due nuove carovane della Pace #StopTheWarNow con destinazione Odessa, dal 24 al 27 giugno, poi seguita da quella dal 14 luglio al 18 luglio. L’iniziativa, aperta il 1° aprile dalla prima carovana della pace, trasportò con 70 automezzi, a Leopoli, 30 tonnellate di aiuti, riportando in Italia 300 profughi. Due le richieste delle carovane di giugno e luglio, 25 mezzi e un centinaio di persone ciascuna: «Riapertura del porto di Odessa per l’esportazione di grano, perché nessuno ha il diritto di far morire nessun altro di fame», e poi «aiuti umanitari e fine dell’assedio e dei bombardamenti su Mykolaiv».
Per l’11 luglio poi, è prevista la mobilitazione che vuole portare 5mila persone a Kiev, promossa da Project Mean, Movimento europeo di azione non violenta. «Siamo convinti – dicono i promotori – che l’azione armata può fermare o sconfiggere l’aggressione, ma non cambiare il contesto che l’ha resa possibile, mentre una massiccia presenza internazionale nonviolenta può creare le condizioni per un futuro che escluda la guerra nella risoluzione dei conflitti».
Il movimento per la pace da mesi dunque si mobilita per far ascoltare una voce diversa da quella delle armi. Subito dopo l’invasione russa del 24 febbraio, la Comunità di Sant’Egidio si era mobilitata tra veglie di preghiera, flash mob dei Giovani per la pace, fino alla prima manifestazione a piazza Santi Apostoli a Roma, già il 25 febbraio.
Poco dopo, il 5 marzo, piazza San Giovanni in Laterano a Roma aveva accolto decine di migliaia di persone per la manifestazione nazionale promossa dalle maggiori realtà dell’associazionismo, assieme a Cgil e Uil. E dopo la già citata carovana della pace del 1° aprile, c’era stata, il 24 aprile, l’edizione straordinaria della Marcia della Pace, decine di migliaia di persone a piedi da Perugia ad Assisi.
«Il movimento per la pace è rimasto unito – rivendica Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne di Rete pace e disarmo – nonostante la fatica di andare controcorrente, le derisioni e le accuse inaccettabili di “putinismo”. C’è un arcobaleno di realtà che lavora sul territorio con le associazioni, i sindacati, le parrocchie». Se l’azione pacifista non è riuscita a rallentare il massiccio ricorso alle armi, «è perché non siamo noi a decidere. Ma bisogna prendere atto che le azioni messe in campo dai governi hanno solo acutizzato la situazione, reso “endemico” il conflitto, rafforzato Putin sul fronte interno e sul campo».
I pochi tentativi di ridare spazio alla diplomazia, come il Piano di pace in quattro punti del governo italiano, «hanno ricalcato quattro degli otto punti del piano che avevamo presentato fin dal 24 febbraio». Già allora i pacifisti avevano chiesto la cessazione degli scontri, la neutralità dell’Ucraina, l’attuazione degli accordi di Minsk su autonomia del Donbass e rispetto della popolazione russofona, l’avvio di trattative per la sicurezza reciproca dell’Unione europea e della Russia.
«Eravamo stati ridicolizzati, accusati di essere filorussi. Poi quegli stessi punti, presentati a maggio dal premier Mario Draghi e dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio – ricorda Vignarca –, non erano più utopie da anime belle, ma proposte apprezzate anche dalle Nazioni Unite e dalla Francia».
Fonte: Avvenire
Vasco Rossi, al Circo Massimo sulle note di ‘C’è chi dice no’ ribadisce il suo “fuck the war!
Vasco Rossi nelle oltre due ore e mezza di concerto al Circo Massimo di Roma, non ha dimenticato il suo inno alla pace – perché “la guerra è contro l’umanità” – anche se a parlare sono soprattutto le sue canzoni. In C’è chi dice no con cui ribadisce il suo “Fuck the war!” e la (purtroppo) attualissima Gli spari sopra in solidarietà con chi sta soffrendo per una guerra che un senso non ce l’ha proprio: alle sue spalle una gigantesca piovra tentacolare metaforica.
Fonte: La Repubblica
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