Nastro d’argento speciale per Alessandro Gassmann
Protagonista di Pizzofalcone e di Un professore
C’è anche un Nastro d’Argento speciale per Alessandro Gassmann, protagonista della miglior serie ‘crime’ I bastardi di Pizzofalcone e di Un Professore ma soprattutto amatissimo interprete della serialità e protagonista domani di un incontro speciale con la stampa.
È quanto è stato annunciato oggi a Napoli da Laura Delli Colli , presidente del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici.
Intanto stasera serata di Gala al Teatro di Corte di Napoli con le migliori serie, soprattutto di Rai Fiction e Sky, amate dagli spettatori e che saranno premiate con i produttori, registi, sceneggiatori e cast. Un evento dei Giornalisti Cinematografici Italiani in collaborazione con la Film Commission Regione Campania che premia stasera a Palazzo Reale il meglio della grande serialità: da A casa tutti bene – La Serie di Gabriele Muccino e Le fate ignoranti di Ferzan Özpetek a Vita da Carlo di Carlo Verdone, la più votata tra le ‘original’, a Strappare lungo i bordi, esordio di Zerocalcare con un’irriverente animazione di grande originalità.
Fonte: Ansa
DallArenaLucio: Fiorella Mannoia, custode meravigliosa del ricordo di Lucio Dalla
Fiorella Mannoia ha condotto DallArenaLucio con l’emozione che pulsava in ogni parola pronunciata per ricordare Lucio Dalla. All’Arena di Verona tanti amici, colleghi e coloro che sono cresciuti con la sua musica
Sono le 23,58. Circa. Francesco Gabbani è sul palco dell’Arena di Verona, dal quale venerdì 3 giugno è stato trasmesso DallArenaLucio, su Rai1. Canta Stella di mare. Ci fermiamo a pensare sentiamo che Lucio Dalla è lì, con la sua musica, eppure non lo vediamo. Il ricordo scorre veloce, tra aneddoti, risate e qualche lacrima. Onorare la sua memoria non è facile perché, verosimilmente, non lo vorremmo fare. Vorremmo che Lucio fosse sul palco, con tutti gli altri. E allora se Stella di mare tocca a Francesco Gabbani – che pure è stato bravissimo – la vita è proprio la più ingiusta delle partite.
Il difficile compito di condurre una serata è toccato a Fiorella Mannoia, artista di una certa levatura ma anche amica di Lucio Dalla. È toccato a lei contenere il fiume di ricordi che è corso lungo il palco dell’Arena, quella che lui amava tanto, raccontando qualcosa di più su di lui e sulla persona che era. “Lucio era solito cambiare i nomi alle persone – ha raccontato – per esempio, io per lui ero Rosalba. Stasera chiamatemi Rosalba”. L’artista romana ha così custodito la sua memoria organizzando una serata evento non priva di sbavature, che però ha avuto il grande merito di far emozionare, ancora, attraverso le parole che Lucio sceglieva con cura per le sue canzoni.
DallArenaLucio, Fiorella Mannoia ricorda il suo Lucio Dalla
È filare alla perfezione, questa serata, è stata possibile grazie al grande lavoro svolto con l’organizzazione e con suo marito – Carlo Di Francesco – con il quale ha condiviso la direzione artistica. La scelta di portare all’Arena gli amici di Lucio e coloro che sono cresciuti con la sua musica risponde alle più strette esigenze di pubblico. Una tela non priva di sbavature, nella quale Fiorella Mannoia ha dipinto un contorno perfetto onorando la memoria del suo grande amico.
A lei sono toccati i brani più complicati, da Se io fossi un angelo a La sera dei miracoli in duetto con Alessandra Amoroso. Nonostante i più abbiano storto il naso, il brano cantato a due ha colpito. Le canzoni di Lucio Dalla sono anche di chi lo ha amato senza conoscerlo personalmente. Dopotutto, l’artista di Galatina stessa ha ammesso di non averlo mai incontrato. E no, non può essere una colpa. Il brano, poi, è talmente bello che non ha bisogno di orpelli per emozionare.
DallArenaLucio, i grandi assenti della serata-tributo
Ron, Samuele Bersani, Fiorella Mannoia, gli Stadio, Tosca. Tanti i nomi legati a Lucio Dalla ma non si è potuto fare a meno di notare alcune assenze – anche molto importanti – che riguardano la cerchia più ristretta degli artisti accanto a lui da sempre. Primo fra tutti, certamente, Gianni Morandi.
Gli Stadio hanno chiuso la serata, scelta quasi scellerata vista l’importanza che avevano per Lucio Dalla. Avrebbero dovuto aprire e chiudere, casomai, ma comunque vedere Gaetano Curreri all’Arena di Verona, emozionato benché sofferente, è stato uno dei momenti più belli dell’intera serata.
L’evento è stato anche la giusta occasione per lanciare un importante messaggio che riguarda la ripartenza dei concerti dal vivo. Un segnale importantissimo dopo due anni di pandemia, di blocchi e di lavoratori che avevano la necessità assoluta di tornare alle loro attività. Una serata con il pubblico senza mascherina: un primo stralcio di normalità che sembra sempre più vicina.
Fonte: DiLei
Giancarlo Sepe: «Il Teatro La Comunità compie 50 anni»
Il regista e autore, direttore artistico e fondatore del palcoscenico di via Giggi Zanazzo a Trastevere, festeggia l’anniversario con un nuovo spettacolo: «Bazin».
Il Teatro La Comunità compie cinquant’anni: 1972-2022. E colui che lo ha creato, il regista Giancarlo Sepe, festeggia l’anniversario con un nuovo spettacolo: Bazin, dal nome del celebre critico cinematografico francese, André Bazin, interpretato da Pino Tufillaro. La messinscena, coprodotta dal Teatro Diana di Napoli e dalla Pergola di Firenze, debutta il 26 maggio.
Cominciamo dal mezzo secolo di storia. Come e perché fondò il Teatro La comunità nel cuore di Trastevere?
«Avevo iniziato da ragazzo a dare sfogo alla mia passione teatrale in un altro spazio: il sottoscala di una scuola, vicino a piazza Bologna, e lo avevo chiamato il Teatro di via Stamira. Con i compagni facevamo teatro di ricerca, assolutamente privi di preparazione. Poi da quello spazio ci sfrattarono, perché faceva parte di un circolo culturale. Ci mettemmo in giro a cercare qualcosa di alternativo e trovai un altro sottoscala, stavolta di un vecchio cinema, in via Zanazzo, dove nacque La Comunità».
«Forse perché un luogo nascosto mi dà il senso della libertà. Per lavorare alle idee, agli spettacoli, non devi rispondere alle classiche regole del pubblico, della convenienza, lo fai liberamente e basta».
Però volevano sfrattarla anche da via Zanazzo…
«Sì, perché non mi era stato definitivamente assegnato per la mia attività… ma stavolta mi sono opposto. In altri termini posso identificare La Comunità come uno spazio iperuranico, ho sempre dovuto lottare per tenerlo aperto. Molti anni fa, nel 1978, un poliziotto si finse semplice spettatore e, per entrare a teatro, si fece la tessera. Venne a vedere lo spettacolo che era in programma e poi mi denunciò per attività illecita».
Perché?
«Secondo lui, essendo la mia una associazione culturale, chi vi accedeva non poteva farlo se non dopo quindici giorni dall’acquisizione della tessera, durante i quali io avrei dovuto indagare su chi si era associato. Una follia, e infatti venni difeso da tanti illustri personaggi del teatro e del cinema, da Eduardo De Filippo a Mario Monicelli… e la questione venne archiviata».
Da dove nasce il suo amore per il palcoscenico?
«Un amore nato da piccolo. A 12 anni ho avuto il mio primo abbonamento a una sala teatrale… sono andato a vedere tutti i grandi protagonisti, da Vittorio Gassman a Giorgio Albertazzi, da Paolo Stoppa a Rina Morelli e tanti altri. Dopo la rappresentazione, quando potevo, quando mi era permesso, li andavo a salutare in camerino. Poi, crescendo, un mito per me è stato il Living Theater, il Teatro della crudeltà di Antonin Artaud…».
«Assolutamente no, ho sempre avuto la volontà dell’immediatezza e la voglia di iniettare la sperimentazione nel teatro borghese».
Ha diretto in palcoscenico grandi interpreti…
«Una sintonia artistica perfetta con Mariangela Melato, che ho avuto la fortuna di dirigere in Vestire gli ignudi, Medea e Anna dei miracoli. E poi Lilla Brignone, che mi fece direttamente entrare nel teatro ufficiale, Aroldo Tieri che, insieme a Giuliana Lojodice, venne da me dicendomi: ho 70 anni e mi metto nelle tue mani, fai di me quello che vuoi».
Perché mettere ora in scena la storia di un critico cinematografico francese?
«Perché è colui che ha inventato la Nouvelle Vague, è stato il maestro teorico di Truffaut, ha creato i primi cineclub e nel suo libro Che cos’è il cinema rappresenta un’idea di virtù intellettuale. È morto giovanissimo, a 40 anni, e nello spettacolo racconto la sua ultima notte di vita: nella sua stanza si affollano i personaggi cui è stato legato… Ma soprattutto Bazin è stato molto avversato, il suo nome era divisivo e probabilmente mi identifico in lui».
In che senso?
«Ho firmato più di cento spettacoli, ho lavorato con i grandi attori e forse potevo ricevere qualche riconoscimento dalle istituzioni: non dico maltrattato, ma completamente ignorato. Ormai a 76 anni non sono addomesticabile, sono quello che sono nel bene e nel male, soprattutto mi sono stufato di chiedere».
Fonte: Corriere Roma
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