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Draghi prepara il viaggio in Usa. Kiev in stand by

La missione a Washington e gli appuntamenti europei. L’agenda di Mario Draghi – tra alcune date già cerchiate in rosso e altre ancora tutte da definire -fotografa bene l’impegno a tutto campo del premier sul fronte internazionale, tra le sanzioni a Mosca, l’impegno sul fronte diplomatico e il fermo appoggio all’Ucraina e al suo presidente, Zelensky.

“L’Ucraina merita tutto il supporto che possiamo. L’Italia continuerà a fare la sua parte”, promette il presidente del Consiglio annunciando l’aumento dei fondi a sostegno dei profughi a oltre 800 milioni. Intanto, Enrico Letta rivela che i presidenti o primi ministri di cinque Paesi europei (Italia, Germania, Francia, Spagna e Polonia) starebbero valutando una missione comune a Kiev, “un segno di leadership” e “la dimostrazione che non c’è alcuna subalternità agli Stati Uniti”, afferma il dem in un’intervista.

Ma Palazzo Chigi spiega che l’unica tappa all’orizzonte, al momento, è quella del 10 maggio negli States e che per ora non esiste altro.Non sono state prese in cosiderazione le ipotesi di una missione con altri leader Ue in Ucraina. L’eventuale missione a Kiev, su cui c’è sempre stato il più stretto riserbo, è in stand by. E i collaboratori del premier non danno riscontri su una possibile videoconferenza il 9 maggio tra Zelensky e i leader dei Paesi alleati. Mai esistita questa possibilità, si chiarisce in ambienti di governo.

La missione a cui si guarda ora è quella della prossima settimana alla Casa Bianca, dove il capo del governo verrà ricevuto dal presidente Joe Biden. Un momento in cui nel vecchio Continente si sta elborando un “fine tuning” con le altre istituzioni internazionali con l’obiettivo,sempre dichiarato da parte di Roma, di riaffermare, senza dubbi, la linea atlantista del governo guidato da Draghi. Che parallelamente spinge per affermare un’identità europea nell’approccio al conflitto: compatta sulle sanzioni alla Russia e, contemporaneamente decisa a perseguire la pace e “un cessate il fuoco” immediato che dia nuova linfa ai negoziati, alla diplomazia che non si è mai fermata.

L’energia è l’altro grande dossier da affrontare tanto a livello comunitario, quanto nazionale. Per questo in giornata si è tenuto un incontro a Palazzo Chigi tra Draghi, il ministro Roberto Cingolani e l’ad di Eni, Claudio Descalzi: sul tavolo le tappe di affrancamento dell’Italia dal gas russo.

L’incontro a Washington, attesissimo, arriva in un momento di forte pressing interno dei partiti sul posizionamento internazionale dell’Italia, con il M5s sulle barricate per le armi a Kiev e la Lega che chiede a Draghi di farsi promotore di un riavvicinamento tra Usa e Russia.

Matteo Salvini, al termine di un incontro con il premier, dice di aver parlato con lui “di pace, non di armi e non di bombe. Se Draghi riferirà al Parlamento? Quando tornerà dagli Usa sarà interessante capire quale progetto di pace c’è a Washington. Spero che nessuno abbia interesse a continuare per mesi la guerra”, risponde il leader leghista, che in giornata vede anche l’ambasciatore turco.

L’Italia, come ha spiegato di recente il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, continua anche a sostenere gli sforzi di Ankara nella “facilitazione di un negoziato”. Ma le variabili in campo sono molteplici, gli attacchi missilistici nucleari simulati da Mosca nell’enclave di Kaliningrad, al confine con l’Ue, non fanno che arroventare il clima. In Ucraina, nel frattempo, arriva una delegazione di parlamentari provenienti da 7 Paesi europei e dal Canada con l’obiettivo di portare la solidarietà internazionale a Kiev e accendere un faro sui crimini di guerra. Per l’Italia ci sono il radicale Riccardo Magi e la dem Lia Quartapelle.

Fonte: La Voce D’Italia

Ucraina, Guerini risponde alle polemiche sulle armi a Kiev: «Le inviamo su mandato del Parlamento»

Per il ministro della Difesa Lorenzo Guerini il governo Draghi «sta lavorando a sostegno dell’Ucraina secondo le indicazioni che sono state date dal Parlamento», con una risoluzione sulle armi da mandare a Kiev che è stata votata «a larghissima maggioranza, quasi all’unanimità». Con il voto alla risoluzione, il Parlamento ha dato mandato al governo di «sostenere, tramite l’invio di materiale militare, la resistenza ucraina con sistemi d’arma difensivi». «È quello che stiamo facendo con gli invii che abbiamo fatto finora – ha detto il ministro -, insieme agli altri Paesi europei e insieme ai Paesi alleati. E sulla base, appunto, del mandato che abbiamo ricevuto da Parlamento».

Le sue dichiarazioni non sono casuali, ma arrivano a seguito delle polemiche scatenatesi nelle ultime ore a seguito di alcune sue affermazioni. Guerini aveva ribadito il sostegno italiano alla resistenza ucraina davanti alle commissioni riunite Difesa e Esteri di Camera e Senato, dicendo: «L’impegno italiano continuerà a supportare l’Ucraina nella sua difesa dall’aggressione russa anche con dispositivi in grado di neutralizzare le postazioni dalle quali la Russia bombarda indiscriminatamente le città e la popolazione civile». Subito dopo la precisazione del ministero: «Si riferisce a munizionamenti a cortissimo raggio funzionali al solo scopo difensivo e per proteggere città e cittadini».

Le polemiche di Conte e Salvini

Era arrivata immediata la reazione di Giuseppe Conte (M5s) a Dritto e rovescio: «Quella espressione appena l’ho letta dalle agenzie mi ha molto preoccupato. Ma vorrei dare atto a Guerini che l’ha in parte corretta». «Siamo contrari come M5S all’invio di armi sempre più letali e offensive – ha ripetuto Conte – ma il tema vero è l’indirizzo politico: l’Italia sta partecipando agli aiuti all’Ucraina ma con quali finalità? Quali posizioni fa valere l’Italia con i propri alleati?». Dubbi sono stati avanzati anche dalla Lega. Matteo Salvini, segretario del partito, ha detto: «Guerini? Dopo due mesi e mezzo domandiamoci a chi stanno andando queste armi. Difendere l’Ucraina è doveroso, ma penso che lo stesso popolo abbia disperatamente voglia di cessate il fuoco, di piace».

Fonte: Open

Speranza al ministro della Salute ucraino: “Nostri ospedali aperti per chi fugge dalla guerra”

Il ministro della Salute, Roberto Speranza, oggi ha incontrato il suo omologo ucraino, Victor Liashko, e gli ha assicurato la”massima apertura degli ospedali italiani ad accogliere cittadini ucraini in fuga dalla guerra”.

Il ministro della Salute, Roberto Speranza, oggi ha incontrato il suo omologo ucraino, Victor Liashko, in videoconferenza. Al centro della discussione, chiaramente, l’impatto della guerra sul servizio sanitario nazionale in ucraina, in ginocchio a causa del conflitto. Speranza, da parte sua, ha garantito “massima apertura degli ospedali italiani ad accogliere cittadini ucraini in fuga dalla guerra e bisognosi di cure”. Non solo: Speranza ha anche assicurato a Liashko che l’Italia parteciperà nella ricostruzione dell’Ucraina una volta che il conflitto sarà terminato e aiuterà il Paese anche a ricostruire i suoi ospedali.

L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha fatto sapere di aver verificato finora 191 attacchi contro le strutture dell’assistenza sanitaria, causando 75 morti e 54 feriti. “Peggio dell’interruzione dei servizi sanitari, catastrofica in tutta l’Ucraina e aggravata dagli sfollamenti e dal fatto che milioni di persone restano intrappolate in aree di conflitto, incapaci di muoversi, sono gli attacchi all’assistenza sanitaria”, ha sottolineato il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, parlando ieri alla Conferenza dei donatori per l’Ucraina. E ancora: “Si dice spesso che la prima vittima di guerra è la verità. Lo stesso detto potrebbe valere per la salute”, ha affermato il direttore dell’Oms, sottolineando come in questo momento nel Paese siano “a serio rischio i servizi e le infrastrutture e la salute di milioni di persone”. Poi ha citato “le infermiere che si prendono cura dei neonati negli scantinati degli ospedali; gli autisti di ambulanze e i paramedici che salvano le persone dagli edifici bombardati; le squadre mediche che eseguono interventi chirurgici e fanno nascere i bambini sotto il fuoco, gli operatori sanitari di base che stanno ancora cercando di fornire assistenza a bambini e anziani; e gli operatori logistici che continuano a trovare e consegnare forniture da cui dipendono le vite delle persone”. Il direttore dell’Oms ha quindi concluso ribadendo come gli attacchi alla sanità (quindi a ospedali, cliniche, ambulanze) siano una violazione del diritto internazionale umanitario.

Intanto continua il flusso di persone in fuga dalla guerra verso l’Italia. Secondo gli ultimi dati del ministero dell’Interno finora sono arrivati 109.325 profughi ucraini. Tra loro 56.817 donne, 14.576 uomini e 37.932 minori, diretti per la maggior parte a Milano, Roma, Napoli e Bologna. Solo nelle ultime ventiquattro ore hanno passato il confine oltre novecento persone, 928 precisa sempre il Viminale.

Fonte: Fanpage

Papa Francesco: “La guerra minaccia il mondo intero e interpella la coscienza di ogni cristiano”

“Dobbiamo chiederci cosa hanno fatto e cosa possono fare le Chiese per contribuire allo sviluppo di una comunità mondiale”, spiega il Papa

Come riportato da Ansa.it, Papa Francesco, nel corso dell’udienza alla plenaria del Pontificio Consiglio per l’unità dei Cristiani, è tornato a parlare della guerra che si sta ancora combattendo in Ucraina. Per il pontefice, il conflitto “minaccia il mondo intero e non può non interpellare la coscienza di ogni cristiano e di ciascuna Chiesa”.

“Prima ancora che l’emergenza sanitaria finisse, il mondo intero si è trovato ad affrontare una nuova tragica sfida, la guerra attualmente in corso in Ucraina“, spiega Francesco. “Dopo la fine della Seconda guerra mondiale non sono mai mancate guerre regionali. Tanto che io ho spesso parlato di una terza guerra mondiale a pezzetti, sparsa un po’ ovunque”.

Papa Francesco: “La guerra in Ucraina minaccia il mondo intero”

“Tuttavia, questa guerra, crudele e insensata come ogni guerra, ha una dimensione maggiore. Minaccia il mondo intero, e non può non interpellare la coscienza di ogni cristiano e di ciascuna Chiesa”. Sulle guerre “regionali”, il pontefice ha aggiunto: “Pensiamo al Ruanda, per esempio, 25 anni fa, per dirne una. Ma pensiamo al Myanmar. Ma sono lontane, noi non le vediamo, Quella di oggi è prossima e ci fa reagire.

Dobbiamo chiederci cosa hanno fatto e cosa possono fare le Chiese per contribuire allo sviluppo di una comunità mondiale, capace di realizzare la fraternità a partire da popoli e nazioni che vivano l’amicizia sociale. È una domanda a cui dobbiamo pensare insieme”.

“Ignorare le divisioni tra i cristiani significa tollerare inquinamento dei cuori che rende fertile il terreno per i conflitti”

“Nel secolo scorso, la consapevolezza che lo scandalo della divisione dei cristiani avesse un peso storico nel generare il male che ha avvelenato il mondo di lutti e ingiustizie aveva mosso le comunità credenti, sotto la guida dello Spirito Santo, a desiderare l’unità per cui il Signore ha pregato e ha dato la vita. Oggi, di fronte alla barbarie della guerra, questo anelito all’unità va nuovamente alimentato.

Ignorare le divisioni tra i cristiani, per abitudine o per rassegnazione, significa tollerare quell’inquinamento dei cuori che rende fertile il terreno per i conflitti. L’annuncio del vangelo della pace, quel vangelo che disarma i cuori prima ancora che gli eserciti, sarà più credibile solo se annunciato da cristiani finalmente riconciliati in Gesù, Principe della pace. Cristiani animati dal suo messaggio di amore e fraternità universale, che travalica i confini della propria comunità e della propria nazione“.

Fonte: RomaIT

Decreto aiuti: 130 milioni per le imprese che hanno subìto danni dalla guerra

Il contributo a fondo perduto arriva a 400mila euro, ecco i requisiti per accedere. Per l’agricoltura arrivano garanzie sui mutui e misure ad hoc per compensare i danni dell’invasione russa e la possibilità di incrementare la produzione da energia solare

Un fondo da 130 milioni per erogare contributi a fondo perduto alle imprese che hanno subito “ripercussioni economiche negative” dalla crisi in Ucraina “che si sono tradotte in perdite di fatturato derivanti dalla contrazione della domanda, dall’interruzione di contratti e progetti esistenti e dalla crisi nelle catene di approvvigionamento”. L’articolo 18 del decreto Aiuti approvato giovedì sera dal Consiglio dei ministri, secondo l’ultima bozza disponibile, definisce i bonus per le Pmi che stanno pagando il conto dell’invasione russa, diverse da quelle agricole alle quali è dedicato un capitolo a sé.

I requisiti per accedere al bonus per le imprese

Il testo dettaglia i requisiti che devono presentare le società:

a) hanno realizzato negli ultimi due anni operazioni di vendita di beni o servizi, ivi compreso l’approvvigionamento di materie prime e semilavorati, con l’Ucraina, la Federazione russa e la Repubblica di Bielorussia, pari almeno al 20 per cento del fatturato aziendale totale;

b) il costo di acquisto medio per materie prime e semilavorati nel corso dell’ultimo trimestre antecedente la data di entrata in vigore del presente decreto è incrementato almeno del 30 per cento rispetto al costo di acquisto medio del corrispondente periodo dell’anno 2019 ovvero, per le imprese costituite dal 1° gennaio 2020, rispetto al costo di acquisto medio del corrispondente periodo dell’anno 2021;

c) hanno subito nel corso del trimestre antecedente la data di entrata in vigore del decreto un calo di fatturato di almeno il 30 per cento rispetto all’analogo periodo del 2019.

La ripartizione delle risorse e il calcolo del bonus

I 130 milioni disponibili verranno ripartiti tra le imprese aventi diritto. Quanto andrà a ogni impresa? Bisognerà applicare una percentuale pari alla differenza tra l’ammontare medio dei ricavi relativi all’ultimo trimestre anteriore alla data di entrata in vigore del decreto e l’ammontare dei medesimi ricavi riferiti al corrispondente trimestre del 2019, determinata come segue:

a) 60 per cento, per i soggetti con ricavi relativi al periodo d’imposta 2019 non superiori a 5 milioni di euro;

b) 40 per cento, per i soggetti con ricavi relativi al periodo d’imposta 2019 superiori a 5 milioni di euro e fino a 50 milioni di euro;

c) per le imprese costituite dal 1° gennaio 2020 il periodo di imposta di riferimento di cui alle lettere a) e b) è quello relativo all’anno 2021.

Il contributo non potrà superare i 400mila euro, mentre per le modalità di erogazione del bonus arriverà un decreto del Mise. Una volta pubblicate le istruzioni, il termine di presentazione delle domande non potrà andare oltre i 60 giorni. Attenzione, le risorse costituiscono un tetto limite: in caso non siano sufficienti per tutti, il Mise “provvede a ridurre in modo proporzionale il contributo”.

Continua a leggere su: La Repubblica

Per tutte le info: info@roma-news.it 

 

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