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Una Squadra su Sky è un bellissimo viaggio nella memoria

Domenico Procacci firma una docuserie sulla leggendaria nazionale italiana di tennis capace di fare la storia nella Coppa Davis degli anni 70

Come si può fare un grande documentario sportivo? Serve innanzitutto una grande storia, magari che sia cara al grande pubblico, con personaggi iconici connessi all’evento che li fece diventare un simbolo, che ha segnato magari un’epoca o che è perfetta esemplificazione di essa. Tra gli esempi più alti vi sono When We Were Kings, Facing Alì, The Last Dance o IcarusUna Squadra, firmato da Domenico Procacci, incentrato sulla leggendaria nazionale italiana di tennis che colse lo storico successo in Coppa Davis nel 1976, non può essere messo al fianco di questi titoli.

Tuttavia è appena uno scalino sotto, di quel poco che in realtà è voluto, in virtù di una narrazione leggera, dinamica, intima ma mai retorica o eccessivamente seriosa. E come potrebbe essere d’altronde, visti i protagonisti? Loro sono leggende del nostro sport, sono Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci, Antonio Zugarelli e naturalmente anche Nicola Pietrangeli. Gli anni sono passati, i capelli (quando sono rimasti) si sono ingrigiti, eppure gli occhi hanno la stessa luce, la risata è rimasta la stessa, condita da un’autoironia squisita, dalla volontà di ricordare quegli anni, in cui seppero creare un collettivo esemplare nello sport individualista per definizione.

La leggerezza è l’ingrediente segreto di un documentario equilibratissimo, coerente, in grado di regalare sorrisi ma anche di far riflettere, e che pone al centro il concetto di atleta, di ciò che un tempo era lo sport, prima che diventasse una realtà schizofrenica e senza poesia, disumanizzata e commerciale. Una Squadra arriverà in sala il 2-3-4 maggio, mentre Sky la renderà disponibile online dal 14, divisa in sei episodi, ognuno dei quali ruota attorno ad un aspetto, un evento, un retroscena di quel torneo che consegnò alla storia quel quartetto formato da ragazzi completamente diversi tra di loro. Sono essi stessi ad ammetterlo, rievocando il differente percorso di vita, la personalità, il modo di stare in campo e di confrontarsi l’uno con l’altro.

Emerge un quadro incredibilmente ricco dal punto di vista umano, che all’epoca fu sovente distorto da una stampa malandrina e pettegola, non certo più matura o più preparata di quella di oggi. Anche in questo l’opera di Procacci è preziosa, nel farci rendere conto di come siamo rimasti assolutamente incapaci di preservare piuttosto che perseguitare i nostri talenti, di andare oltre il gossip, il bigotto indagarne la vita, il linciaggio sempre in agguato.

Panatta è naturalmente il divo, il principe della racchetta tricolore, la star donnaiola, capace di spendere di tutto per fare serata a Rio o a Parigi, incontenibile, incontentabile ma anche estremamente autoironico e spontaneo. Bertolucci la spalla nella vita mondana e in campo, non meno simpaticamente furbastro e pieno di aneddoti, di storie di vita vissuta con una racchetta in giro per il mondo a conquistare una gloria mai più vista per l’Italia. I meno edotti sulla racchetta, troveranno probabilmente anche più affascinanti le complesse personalità di Barazzutti e Zugarelli, meno glamour, meno da copertina, ma di certo non meno determinati nell’agguantare una vittoria che di fatto, li ripagò di anni di sacrifici e fatica.

E poi c’è lui, Nicola Pietrangeli, splendido 85enne dalla fortissima personalità, all’epoca Capitano intento a portare assieme al compianto e fumantino Mario Belardinelli, questi quattro ragazzi sul tetto del mondo. Una Squadra ci parla dei retroscena di quella spedizione arriva nel Cile di Pinochet dopo lunga ed aspra battaglia politica e mediatica. Boicottaggio o ricerca della vittoria? Questo era il problema e tale è rimasto ancora oggi, nella contrapposizione di una visione che separa chi vede lo sport come neutro e chi invece vorrebbe dai suoi protagonisti sempre un esempio di impegno a prescindere.

In questo Una Squadra può rivendicare un ulteriore salto di qualità nel parlarci attraverso i quattro ragazzi ma anche gli ex avversari e giornalisti, della realtà di quel paese martoriato in quel 1976. Si giocava a tennis, si cercava di difendere il tricolore, ma consci di cosa succedeva, della tristezza, come ricorda Panatta, dietro gli occhi della gente comune, che agognava una libertà distrutta nelle segrete dello Stadio Santiago del Chile. Non manca mai una riflessione, fosse anche leggera, in questo documentario, persino sulla natura di quello sport, della tensione e aggressione mentale che lo rende violentissimo pur senza contatto fisico, delle difficoltà affrontate da quattro ragazzi diversi eppure complementari, anche più di quanto all’epoca immaginassero.

Ascoltiamo l’ormai lontano suono delle racchetta da legno, vediamo gli ultimi scampoli del serve and volley che aveva dominato per tanto tempo. Questo sport non ha perso nulla del fascino esercitato dai suoi protagonisti, dall’incertezza che domina fino all’ultimo. Quella Coppa Davis, quella vittoria ottenuta contro una parte del paese, riemerge però nella sua iconicità, nella sua capacità di essere uno spartiacque clamoroso per la nostra narrazione sportiva.

Eppure, nella dimensione macro, alla fine si inserisce sempre di prepotenza quella micro, quelle cinque vite e carriere, ognuna diversa come era diverso il loro modo di impugnare la racchetta, di vedere la vita e quel torneo, quell’occasione per entrare nella storia. Si ride tanto in Una Squadra, si ride della leggerezza che forse avevamo una volta, al netto dell’arretratezza culturale, del bianco e nero che non faceva notare la maglietta rossa scelta da Panatta in finale per solidarietà con i cileni prigionieri in patria. Il che porta a chiedersi se davvero la dittatura dell’immagine che è tutto profetizzata più avanti da Agassi, se davvero il perfezionismo formale richiesto oggi alle stelle dello sport, non siano stati un colossale passo indietro.

Adriano, Paolo, Corrado e Tonino rivendicano il loro essere stati innanzitutto dei ragazzi, in un mondo più grande, più diverso e tutto da scoprire. L’Italia è cambiata, loro sono cambiati, il tennis è cambiato. Non eravamo migliori, forse solo ci vestivamo e pettinavamo in modo diverso o forse invece una volta il gioco era solo il gioco, era emozione e narrazione, non cronaca obesa e statistica sterile. Comunque sia, questo è un documentario perfetto per farci capire di che cosa sono fatti i sogni: di ragazzi di vent’anni che sudano in un campo.

Fonte: Esquire

Flavio Insinna: da L’Eredità a A muso duro, la nuova fiction di Rai1

La Rai ha in serbo per i suoi telespettatori una nuova fiction dal nome A Muso Duro che vedrà come protagonista Flavio Insinna.

Tutti o quasi conoscono il programma l’Eredità, il game show televisivo, in onda dal 29 luglio 2002, su Rai1. Di conseguenza non possono non conoscere il suo storico conduttore, appunto Flavio Insinna. Oltre ad essere un presentatore, veste per il quale è maggiormente famoso, nel suo curriculum Flavio vanta anche una prosperosa carriera come attore. Si ricorda, non a caso che, proprio in questo senso, dopo un periodo di assenza, è tornato a recitare sul piccolo schermo nei panni del capitano Anceschi nella tredicesima stagione di Don Matteo.

Per quanto dunque sia già impegnato a girare e fare riprese sul set di “Don Massimo”, recentemente interpretato da Raul Bova al posto dello storico volto Terence Hill, e che sta avendo un boom di ascolti non indifferente, Flavio ha deciso di impiegare il tempo rimanente per impegnarsi in un nuovo progetto, o meglio per dare il volto al protagonista di una nuova fiction targata RaiA Muso Duro.

Il racconto di un medico e del suo impegno per realizzare i Giochi Paraolimpici

La storia sarà un omaggio ad un uomo che è riuscito a cambiare la percezione comune della disabilità. Si racconterà, in particolare, di Antonio Maglio (interpretato da Insinna), dirigente medico dell’INAIL (Istituto Nazionale Infortuni sul Lavoro) e del suo impegno per realizzare la prima edizione dei Giochi Paraolimpici, focalizzando l’attenzione sul successo e la soddisfazione del poter gareggiare, di alcune persone, nonostante l’invalidità.

Insieme a Flavio, inoltre, reciteranno attori altrettanto importanti e di un certo spessore come Luca AngelettiClaudia VismaraPaola Minaccioni e Massimo Wertmuller.

Questa fiction profonda, toccante e commovente, farà il suo esordio, in prima serata, su Rai1, proprio domenica 1 maggio, giorno simbolico della Festa dei Lavoratori.

Fonte: Torresette 

“Roma Tatuata – Sotto Roma l’inferno”, un omaggio ad Anna Magnani e a Pierpaolo Pasolini

EDM Produzione e Distribuzione e Free Wings Agenzia di Comunicazione presentano “Roma Tatuata – Sotto Roma l’inferno”. Lo spettacolo andrà in scena dal 2 al 4 maggio alle ore 20,30. Un omaggio ad Anna Magnani e a Pierpaolo Pasolini. Il progetto artistico è stato fortemente voluto da Emiliano De Martino a conclusione di uno studio sui due artisti svolto durante l’anno accademico in corso con gli allievi della EDM Factory di Roma. La regia è affidata ai suoi collaboratori Valentina Proietto Scipioni e Gianluca Lombardi.

Sarà un viaggio in mare aperto alla ricerca di un faro per tornare a riva. In realtà ne troveremo due. Gli spiriti e le essenze di Anna Magnani e Pierpaolo Pasolini. Attraverso i monologhi più noti, le poesie e il loro pensiero si sviscererà la storia di venti anime in scena… Che racconteranno emozioni, disagi, paure, desideri e profondi peccati intrecciati, mescolando contesti e radici differenti.

Dal sottosuolo della Capitale emergono profumi, essenze e ruvidità dell’animo che scalpitano in cerca di redenzione. Strisciano fuori in tre segmenti dello spettacolo che condurranno il pubblico ad esplorare tre “non luoghi” facendosi portare dalla marea che cresce, ambientazione dopo ambientazione. L’appuntamento è al Teatro Portaportese di Roma. Infoline e prenotazioni: 333.7491357 ed edmproduzioneedistribuzione@gmail.com.

Fonte: L’Opinionista

Chain Reaction: film e video dall’Ucraina

Una rassegna video per raccontare l’Ucraina e la sua produzione artistica e culturale attraverso lo sguardo delle nuove generazioni di artisti

Apartire da martedì 3 maggio la videogallery del MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo ospita la rassegna Chain Reaction. Film e video dall’Ucraina, un progetto che racconta l’Ucraina e la sua ricca produzione artistica e culturale attraverso le voci e lo sguardo delle nuove generazioni di artisti.
La rassegna, a cura di Mykola Ridnyi e Alessandra Troncone, è realizzata con il patrocinio dell’Ambasciata d’Ucraina nella Repubblica Italiana.

Concepita come una narrazione fluida tra passato, presente e futuro, Chain reaction riunisce una selezione di film e video presentati in sequenza, una catena in cui temi diversi si intrecciano e si richiamano l’un altro e ogni lavoro è implicitamente connesso all’altro.
La sequenza si apre con uno sguardo a volo d’uccello sulla riserva di Zamglai, una delle più grandi aree paludose in Ucraina, e si chiude con l’immagine distopica – forse profetica – di un scenario apocalittico da cui è scomparsa la presenza umana.

Da questa “reazione a catena” emergono temi, eventi e aspetti legati al contesto socio-politico ucraino: la guerra nelle regioni di Donetsk e Luhansk scoppiata nel 2014, la massiccia emigrazione lavorativa verso paesi dell’Unione Europea, la lotta dei diritti umani, delle istanze femministe e del movimento LGBTQ, la trasformazione urbanistica e la questione ecologica.

Sin dallo scoppio della guerra, il MAXXI è in prima linea per sostenere gli artisti e le popolazioni ucraine con diverse iniziative.
A partire dalla decisione di devolvere al fondo per l’emergenza umanitaria in Ucraina costituito da UNHCR, UNICEF e Croce Rossa una parte degli incassi del Museo (oltre 34.600 euro); con la mostra appena conclusa Ukraine. Short Stories,  ricognizione sulla scena artistica ucraina contemporanea attraverso le opere di 140 artisti, organizzata con la Fondazione Imago Mundi; con la recente partecipazione all’asta di beneficenza a sostegno dell’Ucraina organizzata a Venezia in occasione della 59. Biennale Arte in cui il Museo ha acquisito un collage dell’artista Louise Nevelson.

Chain Reaction. Film e video dall’Ucraina

una rassegna video per raccontare l’Ucraina
e la sua produzione artistica e culturale
attraverso lo sguardo delle nuove generazioni di artisti

a cura di Mykola Ridnyi, Alessandra Troncone

con il patrocinio dell’Ambasciata d’Ucraina nella Repubblica Italiana

Piotr Armianovski (Donetsk, 1985) | Uli Golub (Kharkiv, 1990) | Dana Kavelina (Melitopol, 1994) | Oksana Kazmina (Yakovlevo, 1984) | Zoia Laktionova (Mariupol, 1984) | Oleksiy Radynsky (Kyiv, 1984) | Mykola Ridnyi (Kharkiv, 1985) | Daniil Revkovskyi (Kharkiv, 1993) e Andriy Rachinsky (Kharkiv, 1990) | Ruins collective [Elias Parvulesco (Kyiv Region, 1985), Svitlana Pototska (Chernihiv, 1976), Teta Tsybulnyk (Kyiv, 1987)] | Anna Scherbyna (Zaporizhia, 1988)

videogallery | ingresso gratuito negli orari di apertura del Museo

Info:
www.maxxi.art/events/chain-reaction

Dove e quando

Fonte: Oggi Roma

Per tutte le info: info@roma-news.it

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