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Via Crucis: Papa Francesco non cede alle proteste. La croce “pesante” portata da una ucraina e una russa

E’ stata una croce pesante da portare, quella della Via Crucis di ieri al Colosseo. Nonostante le forti polemiche, nate a ridosso dell’annuncio di voler affidare la tredicesima stazione a due amiche, una ucraina e una russa, il Santo Padre non torna sui suoi passi, sicuro della forza del suo messaggio di unione e non di divisione tra popoli. Quello di ieri a partire dalle 17 nella Basilica vaticana, oltre ad essere il primo grande evento religioso in mezzo ai fedeli dopo la fine dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid, è stato dunque anche un momento dall’enorme valore emblematico e dalle implicazioni non scontate.

Il triduo pasquale è iniziato: giovedì mattina la messa in Vaticano seguita, in forma riservata, dalla visita al carcere di Civitavecchia per la lavanda dei piedi ai detenuti. Non è la prima volta che Papa Francesco sceglie un luogo di detenzione per questo rito. “Chi si sente più grande deve sentirsi servitore”, aveva detto durante la messa in Coena Domini del 18 aprile del 2019 in visita al carcere di Velletri. Un gesto “che ci aiuti ad essere più servitori gli uni degli altri, più amici, più fratelli”.

Esattamente lo scopo che il Pontefice si è posto quando ha scelto quelle due famiglie per la Via Crucis. Tuttavia, nonostante le nobili intenzioni, questa decisione ha turbato gli animi della comunità ucraina. Dopo la reazione dell’ambasciatore presso la Santa Sede, Andrii Yurash, che nei giorni scorsi ha espresso le sue perplessità in vista delle “possibili conseguenze” del gesto, si è espressa anche l’associazione cristiana degli ucraini in Italia che ha sottolineato come “in questo preciso momento storico, posizionare insieme la nazione aggredita e la nazione che ha aggredito mentre portano la croce insieme, come niente fosse, appare inopportuno.

Nella visione collettiva ucraina questo fatto viene visto come se si mettesse insieme nei relativi periodi storici un militare tedesco ed un polacco di Auschwitz, un soldato Nkvd e un credente cattolico in un Gulag, come se si mettesse insieme lo stesso Gesù e Ponzio Pilato che lo condanna a morte”. Gli ucraini, dunque, chiedono che alle “tante sofferenze e croci” il Santo Padre “non ce ne aggiunga un’altra”, ovvero “quella dell’ingiustizia e dell’incomprensione”.

Parole forti che sembrano stridere con il messaggio di fratellanza alla base stessa del cattolicesimo. Nondimeno il vescovo Dionisio Lachovicz, Esarca Apostolico per fedeli cattolici ucraini di rito bizantino residenti in Italia, pur comprendendo le intenzioni del Papa, ha ribadito a LaPresse come “non sia ancora il momento opportuno” poiché “qui c’è una nazione invasa che sta soffrendo, che sta lanciando un grido fortissimo come quello di Gesù Cristo sulla croce. Questa è la Via Crucis dell’Ucraina. Non della Russia”. E ancora: “Questa non è una guerra tra fratelli. C’è un popolo invaso, che soffre, e uno invasore, che uccide. E’ una mattanza”.

Intanto a Kiev è arrivato il cardinale Konrad Krajewski, giunto nella capitale ucraina per consegnare una seconda ambulanza a nome del Papa. Nel Paese dilaniato dalla guerra, assicura Krajewski, ”domani cercherò di celebrare la Via Crucis, mentre il Papa la farà al Colosseo. Con il nunzio, in modo privato, faremo la nostra Via Crucis dove c’è la Passione vera di Gesù, dove la gente soffre e muore. Ma noi termineremo la Via Crucis con la stazione della risurrezione”.

Fonte: Il Tempo

Anpi: con più armi a Kiev sale il rischio di espansione della guerra

Pagliarulo: “E rende più difficile il ruolo di mediazione Ue”

“Il crescente rifornimento di armi all’Ucraina rende ancora più difficile il ruolo di mediazione dell’Ue e aumenta i rischi dell’espansione della guerra”. Lo ha affermato il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo durante la conferenza stampa di presentazione delle iniziative per il 25 aprile.

Fonte: Askanews

Ucraina: Di Maio, dobbiamo far ripartire colloqui di pace

‘Speriamo cessate il fuoco per la Pasqua ortodossa’

“Dobbiamo fermare l’escalation, fermare la guerra in Ucraina.

Bisogna far ripartire il processo di dialogo tra Ucraina e Russia.

Zelensky ha fatto delle aperture importanti, ora è Putin che deve parlare”. Lo ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio a Radio24.

“Speriamo che almeno la Pasqua ortodossa, che cade una settimana dopo la nostra, possa essere un’occasione per convincere i russi ad un cessate il fuoco. Ci stiamo lavorando perchè è l’unica strada per evacuare dall’est dell’Ucraina – dove gli attacchi si stanno intensificando – i civili, svuotare gli orfanotrofi, mandare via i bambini, via dalle bombe russe”, ha aggiunto il ministro confermando poi la prossima riapertura dell’ambasciata italiana a Kiev: “Passeremo la Pasqua anche lavorando per riportare l’ambasciatore italiano a Kiev in sicurezza. Subito dopo Pasqua sarà pienamente operativa e sarà un altro segnale per dire siamo vicini alle istituzioni ucraine”.

Fonte: Ansa

Guerra in Ucraina: l’Italia riapre l’ambasciata a Kiev

Spostata a Leopoli dopo l’invasione russa dell’Ucraina, l’ambasciata italiana torna a operare nella capitale Kiev.

L’annuncio è arrivato nel pomeriggio dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio: “L’ambasciatore Zazo è appena rientrato a Kiev da Leopoli, dopo un viaggio di 10 ore”.

Il ritorno del diplomatico italiano era atteso subito dopo Pasqua, ma l’ambasciatore “è già operativo e dalla prossima settimana sarà al lavoro con le istituzioni ucraine per la diplomazia e per arrivare almeno a un cessate il fuoco”, ha aggiunto Di Maio, ricordando che l’ambasciata italiana era stata “tra le ultime a lasciare la capitale ucraina ed è ora tra le prime a tornarci”. 

In un videocollegamento dall’Unità di crisi, il titolare della Farnesina ha poi ringraziato Zazo e il suo staff “per il coraggio e la dedizione”, anche nel lavoro svolto a Leopoli in queste settimane: “C’erano 2000 italiani” da evacuare, “ne sono rimasti 139”.

Il ministro degli Esteri italiano poi avverte: “Ci aspettiamo l’espulsione di nostri diplomatici dalla Russia nelle prossime ore”.

Ciclismo: la nazionale Ucraina in gara a Roma con le maglie made in Besana

La nazionale ucraina di ciclismo su strada veste abbigliamento targato Dama Company, azienda di Besana in Brianza specializzata nella progettazione e realizzazione di abbigliamento personalizzato.

La nazionale ucraina di ciclismo su strada veste abbigliamento targato Dama Company, azienda di Besana in Brianza specializzata nella progettazione e realizzazione di abbigliamento personalizzato per il ciclismo. L’intera nazionale, arrivata in Italia lo scorso marzo, grazie all’intervento della Fci, della Israel-Premier Tech, e della Regione Abruzzo e del Comune dell’Aquila che hanno offerto ospitalità all’intera squadra, farà il suo esordio ufficiale al Gran Premio Liberazione, una delle più importanti gare ciclistiche su strada, che si terrà a Roma nei giorni 24 e 25 aprile. Tra le bandiere che sfrecceranno sulle strade della Città Eterna ci sarà, dunque, anche quella della nazionale ucraina, con una ventina di ragazze e ragazzi tra juniores e under23.

Da sempre sensibile alle tematiche di solidarietà, Dama Company non ha esitato ad essere al fianco della nazionale Ucraina, supportandola al meglio nelle esigenze legate al mondo ciclistico-agonistico. Ospite in Campidoglio alla presentazione del 75esimo Gran Premio Liberazione, l’azienda besanese ha realizzato e sponsorizzato l’abbigliamento tecnico della squadra, in cui spiccano i colori della bandiera ucraina, ovvero il giallo e l’azzurro, che simboleggiano il grano e il cielo.

“La squadra nazionale ucraina era in Turchia quando è scoppiata la guerra, e gli atleti sono rimasti bloccati senza mezzi di sostentamento – ha raccontato Daniele Sala, a capo di Dama Company – L’Italia grazie a una grande rete di solidarietà si è resa protagonista del loro recupero, facendoli arrivare in Abruzzo. Noi abbiamo contribuito sponsorizzando l’abbigliamento tecnico, grazie a contatti che ci hanno segnalato il loro arrivo in Italia. Alessandro Valente, tra i membri del team di Dama, ha partecipato alla presentazione della gara a Roma. Ma questa è solo l’ultima di una serie di iniziative con cui Dama Company sostiene il popolo ucraino. Abbiamo recentemente organizzato una spedizione di materiale verso l’Ucraina, portato da noi personalmente al confine, e ora ci stiamo attivando per aiutare anche gli ucraini che hanno raggiunto l’Italia. Avendo viaggiato varie volte in Ucraina mi sta particolarmente a cuore quel popolo e quella terra”, ha concluso.

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Fonte: Il Cittadino di Monza e Brianza

“Il coraggio è nel nostro dna”: il movimento pro Ucraina diventa una campagna pubblicitaria

LONDRA, ROMA, NEW YORK, AMSTERDAM, WASHINGTON, STOCCOLMA: MANIFESTI AFFISSI SU PALAZZI E SPAZI PUBBLICITARI STANNO RIEMPIENDO LE STRADE DELLE CITTÀ NEL MONDO. MA CHI C’È DIETRO QUESTI SLOGAN CHE INNEGGIANO A CORAGGIO DEL POPOLO UCRAINO?

Quando è iniziata la guerra, il mondo ci ha dato tre giorni. Abbiamo dato al mondo la possibilità di vedere cos’è il coraggio ucraino. Gli ucraini sono diventati la nazione più coraggiosa del mondo. Ora ci citano, ci guardano, si ispirano, e ci danno una standing ovation. Non solo politici e governi, ma anche gente comune. Oggi tutta l’umanità conosce che il coraggio sia l’Ucraina. Quando la resistenza diventa marketing”. Non solo bombe, invasioni, conflitto armato: nel ventunesimo secolo la guerra si combatte anche sul piano tecnologico, digitale, mediatico, sfruttando la capacità di comunicazione capillare del web per promuovere la propria causa. È quello che ha fatto Banda Agency, un’agenzia creativa ucraina con sede a Kiev e a Los Angeles, con il sostegno del Governo ucraino, creando il sito brave.ua con immagini ad effetto e slogan che inneggiano all’eroica resistenza e al coraggio del popolo ucraino. Andando sulla piattaforma, si possono scaricare poster, loghi e immagini da stampare, trasformare in adesivi, magliette, oltre a consigli ed esortazioni per sostenere il popolo ucraino anche all’estero. E gli stessi slogan non hanno tardato a comparire anche su palazzi e cartelloni pubblicitari di strade e città delle principali città del mondo, come Londra, Roma, New York, Amsterdam, Washington e Stoccolma, ottenendo una potente risonanza mediatica. Un caso emblematico e più che mai contemporaneo, in cui la propaganda – che dall’avvento dell’epoca moderna è sempre esistita durante le guerre – ora assume chiaramente i contorni del marketing.

Fonte: Artribune

Per tutte le info: info@roma-news.it

 

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