Draghi vola in Africa, mentre l’inflazione morde la crescita: il punto sui mercati
Draghi è volato in Algeria per cercare nuovi approvvigionamenti di gas e accelerare sull’indipendenza dal gas russo, mentre in Italia l’inflazione accelera per il nono mese consecutivo.
È iniziato il tour in Nord Africa del governo italiano. Draghi e Descalzi (Ad Eni), accompagnati dai ministri Cingolani e Di Maio, sono volati in Algeria per cercare nuovi approvvigionamenti di gas e accelerare sull‘indipendenza dal gas russo che, secondo il ministro della Transizione energetica, potrebbe essere realtà “tra 24-36 mesi”. Tuttavia, la strategia di diversificazione ha le sue contraddizioni. Il Nord Africa, e gli altri Paesi del continente sui cui il governo italiano sta puntando, non solo non hanno votato a favore di diverse risoluzioni Onu contro la Russia ma hanno anche legami molto stretti con il presidente Putin.
Intanto, mentre i Paesi europei (e non solo) cercano rapide alternative ai combustibili di Mosca, l’aumento generale dei prezzi non accenna a fermarsi. Negli Stati Uniti, l’inflazione al consumo non è mai stata così alta dal dicembre 1981, mentre in Regno Unito non si vedeva un tale aumento dei costi da circa 30 anni. Stessa narrativa in Spagna. Ma a preoccupare i governi non sono sole ricadute sul potere d’acquisto delle famiglie, ma i costi per le imprese e le conseguenze sulla produzione.
Draghi & Co in Algeria
La corsa alle nuove forniture di gas ha portato il Ceo di Eni, il premier Draghi e i ministri Cingolani e Di Maio in Algeria, dove hanno stretto un’intesa con il governo locale su nuovi approvvigionamenti di gas in previsione del progressivo stop ai flussi di combustibili russi.
L’accordo tra Eni e l’algerina Sonatrach garantirà “graduali” forniture energetiche all’Italia, partendo dai 3 miliardi di metri cubi di gas dal 2022, fino a raggiungere i 9 miliardi di metri cubi nel 2024, per poi proseguire su “un flusso constante” negli anni successivi.
L’Algeria non è nuova al Bel Paese. Algeri è infatti il secondo fornitore italiano di gas (31%) dopo la Russia, ma non è esente da contraddizioni.
Nonostante le ampie risorse naturali, il Paese sta affrontando una delicata situazione interna che vede un costante aumento della domanda e un’offerta che non sempre riesce a tenere il passo, come dichiarato pochi giorni fa dalla stessa Sonatrach. Inoltre, lo Stato nordafricano rientra nella sfera d’influenza russa nel Mediterraneo, visto che negli ultimi anni Putin ha stretto il controllo sugli idrocarburi in Africa, con l’intento di estendere il proprio monopolio mondiale sull’energia.
Algeri, ed altri Paesi del continente su cui l’Italia sta puntando per l’alternativa al gas russo (vedi Mali), non hanno votato a favore delle risoluzioni Onu contro la Russia, nemmeno le più “facili” come l’estromissione di Mosca dal Consiglio dei Diritti Umani.
Ma se l’obiettivo principale è quello di sopperire al gas russo nel minor tempo possibile ed imporre l’embargo totale sulle importazioni da Mosca, è probabile che il governo italiano dovrà passare sopra a questioni delicate, visto che i Paesi dove si estrae maggiormente il gas hanno rapporti molto stretti con Putin e non hanno ancora preso una posizione chiara contro l’invasione dell’Ucraina.
Secondo quanto affermato dal ministro Cingolani la scorsa settimana, grazie “al lavoro di diversificazione delle fonti“, l’Italia sarà indipendente dal gas russo “in 24-36 mesi“, in quanto il governo sta mettendo in atto “una strategia molto complessa di diversificazione”. Roma sta trattando per le nuove forniture con “Paesi più piccoli” e su cui l’Italia ha una tradizione “di buoni rapporti ma anche di peso che è ben diverso di quello che l’Italia può avere verso la Russia“. L’Italia, quindi, vorrebbe imporre il proprio status laddove Mosca lo sta già facendo da molto più tempo.
L’Inflazione fa male ovunque
Mentre il conflitto in Ucraina non sembra arrivare ad un punto, famiglie ed imprese continuano a lottare contro un nemico comune: l‘inflazione.
Un “mostro” che ha costretto il governo italiano a dimezzare le stime di crescita del 2022, e che sta portando le più importanti istituzioni mondiali a rivedere le proiezioni macroeconomiche per l’anno in corso.
Negli Stati Uniti i prezzi al consumo sono accelerati al +8,5% a marzo su base annua, segnando l’aumento più forte dal dicembre 1981, con i prezzi degli alimentari che sono schizzati ai massimi dal maggio 1981 (+8,8%).
Nel Regno Unito, l’inflazione è salita al massimo degli ultimi 30 anni a marzo (+7,0%), ma diversi esperti stimano un nuovo aumento nel mese corrente. In Europa, la Spagna ha registrato un’impennata del 9,8% (il ritmo più veloce da maggio 1985), mentre in Italia l’inflazione è accelerata per il nono mese consecutivo, raggiungendo a marzo un livello (+6,7%) che non si registrava da luglio 1991.
Ma non sono solo i consumi ad aumentare. Spaventano in particolar modo i costi che le imprese pagano alla produzione, con l’indice di riferimento che in Italia ha toccato il +33% a febbraio e che in Germania ha raggiunto il 26%. Prezzi questi, che stanno costringendo importanti centri industriali italiani a rivedere i propri piani produttivi con tutte le conseguenze che ne derivano per l’intera filiera. Secondo il Centro Studi di Assolombarda, “i costi dell’energia, delle materie prime, le difficoltà nell’approvvigionamento, nelle esportazioni e nei pagamenti sono gli effetti ulteriormente aggravati dal conflitto che mettono a rischio la produzione di un’impresa del territorio su quattro”.
“La produzione di un’impresa su 4 è a rischio nel breve termine – ha sottolineato Alessandro Spada, Presidente di Assolombarda –. I dati elaborati dal nostro Centro Studi confermano, infatti, il peggioramento degli effetti dovuti al conflitto e al caro energia sulle materie prime”. Secondo Bankitalia, con un taglio totale delle forniture di metano dalla Russia fino alla fine dell’anno si rischia “una diminuzione del Pil tra quest’anno e l’inizio del 2023”. Tutto questo dopo due anni di Covid.
Fonte: The Social Post
Multe per chi rifiuta il pagamento con Pos e carte. Da quando scattano e importo
Multa per chi rifiuta il pagamento con Pos e carte. Ma da quando scattano e qual è l’importo? Tutto quello che c’è da sapere
Multa per chi rifiuta il pagamento con Pos e carte. Ma da quando scattano e qual è l’importo? Dal prossimo 30 giugno le sanzioni economiche per le attività che rifiutano il pagamento con il Pos diventeranno realtà. La decisione, in verità, era già stata presa alla fine dello scorso anno con il primo decreto Pnrr, che però prevedeva l’entrata in vigore della regola a partire dal primo gennaio del 2023. Insomma, le multe erano già in programma, ma arriveranno in anticipo di sei mesi sulla tabella di marcia.
Multe per chi rifiuta il pagamento con Pos e carte: ecco da quando
Cosa rischia, quindi, chi non accetta un pagamento con carta o bancomat? La multa è da 30 euro, ma c’è una maggiorazione del 4% dell’importo della transazione per cui è stato rifiutato il pagamento elettronico. Una doppia sanzione, in sostanza. Entro il 30 giugno tutte le attività – e chiunque possa ricevere pagamenti elettronici – dovranno adeguarsi, anche perché non c’è alcun limite minimo di importo per singola transazione. Insomma, si può chiedere di pagare con il Pos qualsiasi somma.
Da quando scattano le multe per chi rifiuta il pagamento
A dieci anni dall’entrata in vigore del primo obbligo, che però vedeva un limite minimo fissato a 30 euro poi abbassato a cinque, entrano in vigore le multe per chi rifiuta i pagamenti elettronici. Fino a oggi, nonostante tecnicamente fosse già obbligatorio accettare pagamenti con il Pos, non era prevista infatti alcun tipo di sanzione a carico degli esercenti.
Ora, però, la battaglia continuerà in Parlamento, dove il testo – che contiene una valanga di provvedimenti molto differenti tra loro – dovrà essere convertito in legge entro sessanta giorni. Il governo potrebbe ricorrere ancora una volta allo strumento della fiducia, che farebbe decadere tutti gli eventuali emendamenti. Tutto dipenderà da ciò che succederà nelle commissioni, dove da settimane si consuma lo scontro più duro tra i parlamentari dei diversi partiti che sostengono il governo.
Fonte: L’ Occhio
Coldiretti: 1 italiano su 2 taglia sul carrello della spesa
Inflazione pesa su tavole e vacanze della Pasqua
Quasi un italiano su due (49%) taglia la spesa nel carrello a causa dell’aumento record dei prezzi trascinato dai rincari energetici e dagli effetti della guerra in Ucraina.
E’ quanto emerge dai risultati di un sondaggio sul sito www.coldiretti.it diffuso in occasione dei dati Istat sull’inflazione a marzo 2022.
“A causa delle fiammate inflazionistiche un altro 13% di italiani dichiara di aver ridotto la qualità degli acquisti costretto ad orientarsi verso prodotti low cost per arrivare a fine mese, mentre un 38% di cittadini non ha modificato le abitudini di spesa – spiega l’associazione – A crescere sono anche i costi per il menu tradizionale di Pasqua con rincari che vanno dal 4,5% per le uova al +4,9% per la carne di agnello mentre al ristorante i conti sono in aumento del 3,6% ed i servizi di alloggio in alberghi e pensioni del +9,3%, per chi coglierà l’occasione per qualche giorno di vacanza” Secondo Coldiretti, in vetta alla classifica degli aumenti con un +23,3% ci sono gli oli di semi, soprattutto quello di girasole che risente del conflitto in Ucraina; al secondo posto la verdura fresca, con i prezzi in salita del 17,8%, di poco davanti al burro (+17,4%). Rincari a doppia cifra anche per la pasta (+13%) con la corsa agli acquisti nei supermercati per fare scorte, così come per frutti di mare (+10,8%) e farina (+10%).
Fonte: Ansa
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