Papa Francesco sul conflitto in Ucraina: “Pace ottenuta con forza è solo intervallo tra guerre”
Le parole di Bergoglio nell’udienza generale di oggi 13 aprile, aggiungendo che quanto sta succedendo in questi giorni è un “oltraggio blasfemo a Dio”
“La pace che Gesù ci dà a Pasqua non è la pace che segue le strategie del mondo, il quale crede di ottenerla attraverso la forza, con le conquiste e con varie forme di imposizione. Questa pace, in realtà, è solo un intervallo tra le guerre. Lo sappiamo bene”. È un duro monito quello col quale Papa Francesco torna a parlare della guerra in Ucraina durante l’udienza generale del mercoledì, oggi 13 aprile.
La leggenda del Grande Inquisitore per parlare di pace
Bergoglio ha ricordato come sia “sempre attuale un grande racconto di Dostoevskij, la cosiddetta Leggenda del Grande Inquisitore”. Si narra di Gesù “che, dopo vari secoli, torna sulla Terra, è una leggenda – ha proseguito -. Subito è accolto dalla folla festante, che lo riconosce e lo acclama. Ma poi viene arrestato dall’Inquisitore, che rappresenta la logica mondana..”.
Questi lo interroga e lo critica ferocemente – ha rievocato il Pontefice -. Il motivo finale del rimprovero è che Cristo, pur potendo, non ha mai voluto diventare Cesare, il più grande re di questo mondo, preferendo lasciare libero l’uomo anziché soggiogarlo e risolverne i problemi con la forza. Avrebbe potuto stabilire la pace nel mondo – ha aggiunto Francesco -, piegando il cuore libero ma precario dell’uomo in forza di un potere superiore, ma non ha voluto. ‘Tu – dice l’Inquisitore a Gesù -, accettando il mondo e la porpora dei Cesari, avresti fondato il regno universale e dato la pace universalè (I fratelli Karamazov, Milano 2012, 345); e con sentenza sferzante conclude: ‘Se c’è qualcuno che ha meritato più di tutti il nostro rogo, sei proprio Tu (348)”.
L’aggresione dell’Ucraina “un oltraggio a Dio”
Quindi Papa Francesco lancia un messaggio preciso: “L’aggressione armata di questi giorni, come ogni guerra, rappresenta un oltraggio a Dio, un tradimento blasfemo del Signore della Pasqua, un preferire al suo volto mite quello del falso dio di questo mondo”. Il Papa poi aggiunge: “Sempre la guerra è un’azione umana per portare all’idolatria del potere”.
Fonte: Fanpage
Ucraina: Fico. “Cessate il fuoco immediato, l’obiettivo è la pace”
“Siamo in un momento difficile per la nostra Europa e per il mondo, anche con le immagini terribili che arrivano dall’Ucraina dove si stanno perpetrando crimini di guerra che non avremmo mai voluto vedere, dobbiamo guardare a un futuro di pace. Dobbiamo riuscire a far terminare questa guerra con un cessate il fuoco immediato e partire con un negoziato, magari con una conferenza internazionale di pace attraverso la quale possa passare il futuro dell’Ucraina partendo dai diritti del popolo. Il nostro obiettivo finale è la pace e niente altro”. Così il presidente della Camera, Roberto Fico, a Skopje dopo l’incontro bilaterale con l’omologo macedone Talat Xhaferi.
Fonte: LA7
Ucraina: minacce a Di Maio, indagate due persone
Cc hanno perquisito abitazioni a Milano e Siracusa
Due persone sono indagate dalla Procura di Roma nell’indagine sulle minacce di morte e ingiurie ai danni del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, pubblicate nelle scorse settimane su canali Telegram, dopo sue dichiarazioni in sostegno del popolo ucraino.
I carabinieri del Reparto Operativo della Capitale hanno eseguito perquisizioni domiciliari nei confronti di un 46enne della provincia di Milano e a un 48enne della provincia di Siracusa, non appartenenti ad alcuna frangia estremista. I carabinieri della Sezione Indagini Telematiche del Nucleo Investigativo di Roma sono risaliti all’account dei due da cui sono state lanciate le minacce.
Durante le perquisizioni sono stati sequestrati i telefoni cellulari verosimilmente utilizzati per inviare i messaggi minatori al Ministro. Sono tutt’ora in corso accertamenti tesi a identificare gli autori delle ulteriori minacce di morte pubblicate sui social network.
Fonte: La Voce di New York
Ucraina: Unicef. A tre milioni di bambini serve assistenza umanitaria
Il direttore dei programmi d’emergenza Fontaine: «Le Nazioni Unite hanno finora verificato la morte di 142 piccoli, con quasi 230 feriti. Le cifre reali sono quasi certamente molto più alte»
«Dopo sei settimane la guerra continua a essere un incubo per i bambini dell’Ucraina, sia per quelli che sono fuggiti che per quelli che rimangono all’interno del Paese. Dopo sei settimane, quasi 3 milioni di bambini in Ucraina hanno bisogno di assistenza umanitaria. Più di 4,5 milioni di persone, oltre il 90% delle quali sono donne e bambini, hanno attraversato i Paesi vicini come rifugiati e l’Oim stima che 7,1 milioni di persone siano ora sfollati interni e che più del 50% delle famiglie sfollate abbiano bambini». È quanto afferma il direttore dei programmi d’emergenza dell’Unicef Manuel Fontaine. I bambini, aggiunge, «vengono uccisi e feriti a causa della violenza che li circonda. Le Nazioni Unite hanno finora verificato la morte di 142 bambini, con quasi 230 feriti. Le cifre reali sono quasi certamente molto più alte, data la portata degli attacchi. Sono stati feriti proprio nei luoghi dove dovrebbero essere più al sicuro: le loro case, i rifugi di emergenza, persino gli ospedali. Gli attacchi con armi esplosive continuano nelle aree urbane popolate. Case, scuole, ospedali, sistemi idrici, centrali elettriche e luoghi in cui i civili cercano riparo continuano a essere attaccati. Secondo l’Oms, si sono verificati più di 100 attacchi che hanno colpito strutture sanitarie. Le famiglie stanno rischiando la vita per fuggire. Non dovrebbero essere costrette a farlo».
In dieci giorni, riferisce il direttore dei programmi di emergenza Unicef, «ho visitato Leopoli a ovest, così come Vinnystria nell’Ucraina centrale, e Dnipro e Zaporizhzhia nel sud-est, per valutare l’evoluzione delle condizioni umanitarie sul campo in modo da poter adeguare la risposta dell’Unicef per soddisfare le crescenti esigenze dei bambini e delle loro famiglie. Il responsabile di un ospedale a Zaporizhzhia mi ha detto che dall’inizio della guerra hanno curato 22 bambini che hanno perso gli arti a causa della violenza. Le segnalazioni di gravi violazioni e di altre serie violazioni dei diritti contro i bambini sono devastanti. I bambini – prosegue – non dovrebbero mai essere vittime del conflitto e devono essere protetti da tutte le parti in conformità con il diritto internazionale applicabile. In tutto il Paese, i bambini stanno fronteggiando un accesso severamente ridotto a servizi essenziali come l’assistenza sanitaria, la protezione, l’acqua, i servizi igienici e l’istruzione. L’ampiezza e la portata della necessità di servizi non farà che crescere man mano che la guerra si trascinerà e i combattimenti si intensificheranno in altre aree».
Anche la risposta dell’Unicef «si sta evolvendo per soddisfare i bisogni dei bambini ovunque essi siano – rivendica Fontaine -. Stiamo preposizionando maggiori rifornimenti nelle aree dell’est dove temiamo che il conflitto possa peggiorare. Sono stati creati dei “Centri Spilno” in punti strategici per sostenere i bambini e le famiglie in movimento all’interno dell’Ucraina. Questi centri integrati includono uno spazio per far giocare i bambini, personale che può fornire un sostegno psicologico e altri servizi, come un posto in cui ottenere cure per le patologie pregresse. Stiamo anche fornendo denaro a 52mila famiglie per alleviare in parte gli impatti della perdita dei mezzi di sostentamento e per iniziare una vita in un posto nuovo – aggiunge -. In tutto il Paese, abbiamo raggiunto quasi 600mila persone con aiuti medici salvavita attraverso ospedali e centri di maternità a Dnipro, Donetsk, Kharkiv, Kiev, Leopoli, Mykolaiv, Odessa, Vinnytsia e Zhytomyr. E abbiamo fornito a quasi 240mila persone acqua potabile e forniture igieniche a Donetsk, Luhansk, Kharkiv, Dnipro, Kiev e Leopoli».
Intanto, l’appello dell’Unicef di 276 milioni di dollari per i programmi urgenti in Ucraina e di 73,1 milioni di dollari per i programmi essenziali nei Paesi vicini «è stato rivisto significativamente al rialzo per riflettere il rapido deterioramento della situazione umanitaria. Al 6 aprile, era sottofinanziato di quasi 53 milioni di dollari per la risposta dell’Unicef in Ucraina e di 6,3 milioni di dollari per la risposta dell’Unicef nei Paesi che ospitano i rifugiati. Ma i partner umanitari possono solo arrivare a un certo punto – conclude il referente del Fondo delle Nazioni Unite -. Prima di tutto, i bambini dell’Ucraina hanno urgente bisogno, e meritano, una risoluzione pacifica».
Fonte: RomaSette
L’accoglienza dei profughi ucraini nelle occupazioni della capitale
Le storie di Alina, Iryna e Stella, fuggite dalla guerra e ora a Roma nello stabile occupato di Via Santa Croce in Gerusalemme.
Alina fissa il piccolo schermo del suo televisore. Ascolta ormai anestetizzata le ultime notizie sulla guerra nel suo Paese. All’intervento dell’ennesimo analista decide di spegnere la tv. Sospira. Dalla sua piccola stanza, sita in Via Santa Croce in Gerusalemme, nell’occupazione nota ai più dal nome dell’associazione culturale che ospita al piano terra “Spin time”, ci rivolge un sorriso e afferma: “Io ciò che potevo fare, l’ho fatto”. Si riferisce all’ospitalità data a sua nuora e alle sue nipoti proprio nel palazzo occupato dove risiede da sei anni. “All’inizio non volevano venire qui ma poi, con l’estendersi del conflitto anche sul fronte occidentale hanno deciso di scappare”. Un viaggio durato sessantaquattro ore. Solo per varcare la frontiera con la Polonia hanno atteso un giorno e mezzo. Esauste hanno fatto ingresso il 7 marzo in una delle stanze degli ex uffici INPDAP allestita frettolosamente da Alina e da altre sue connazionali che come lei vivono qui. Una pulita al pavimento, dei materassi stesi sul suolo e delle coperte regalatele dai nuovi vicini, sono bastati per affrontare la prima notte. È passato oramai quasi un mese dal loro arrivo, eppure continuano a sentirsi un po’ spaesate in questa babele etnica che ospita più di 150 famiglie di 24 nazionalità diverse. I loro nuovi “vicini di corridoio” vengono dalla Nigeria, dal Senegal, dalla Romania e dalla Moldavia. Alina avrebbe preferito che i suoi familiari venissero collocati in una stanza vicino alla sua, ma al suo piano le stanze sono tutte prese, così come le altre di questo edificio che risponde alle esigenze dell’emergenza abitativa romana, una tra le più gravi del Paese. Secondo le stime ufficiali, le famiglie in attesa di una casa popolare nella capitale sono più di dodicimila e circa diecimila di queste vivono nelle occupazioni. Il palazzo in questione balzò agli onori della cronaca nel maggio del 2019, quando qui venne staccata la luce e le 450 persone che vi abitano, compresi anziani e bambini, rimasero senza elettricità per sei giorni fino al gesto del cardinale Konrad Krajewski che, assumendosi piena responsabilità dell’atto, decise calarsi nei tombini del contatore e riallacciare la corrente. Un gesto non passato inosservato e che fece parlare all’epoca di “disobbedienza civile”. Ora l’elemosiniere del papa fa avanti e indietro da Leopoli, sempre alle prese con altre opere di assistenza.
La porta di Iryna, la nuora di Alina, è marcata da un particolare: un fiocco con i colori della bandiera ucraina. Facciamo ingresso nella sua stanza, anche qui due bandiere sono appese ai muri dove risaltano i disegni delle sue due bambine di undici e tredici anni che con i pastelli hanno disegnato altrettante bandiere ucraine. La madre ci racconta che le figlie passano le mattine a seguire le lezioni online che le insegnanti della loro scuola continuano, nonostante tutto, a garantire. Le due non vogliono imparare l’italiano, le chiedono ogni giorno: “Mamma, quando torniamo a casa?” Anche Iryna vorrebbe tornare alla vita di tutti giorni nella sua città, Novojavorivs’k, dove lavorava come veterinaria e specialmente vuole ricongiungersi con suo marito che è lì e presta servizio come volontario guidando i camion con le scorte alimentari che dalla Polonia arrivano a Leopoli. E proprio la mancanza dei propri cari spinge molti rifugiati a fare marcia indietro. Come la cognata di Iryna venuta qui anche lei per pochi giorni con i suoi due piccoli figli, finché il dolore e la preoccupazione per il marito l’ha spinta a ritornare in Ucraina. Il giorno dopo del suo ritorno, il 13 marzo, i russi hanno lanciato trenta missili sull’International peace keeping and security center di Yavoriv, a soli dodici chilometri dalla sua abitazione. E allora non le è rimasto altro che rifare le valige. “Ora è in Polonia” ci confida Iryna. Secondo la polizia di frontiera polacca circa tredicimila persone sono tornate in Ucraina lo scorso giovedì. Si stima che sono 370.000 gli ucraini che hanno fatto ritorno nel Paese dallo scoppio del conflitto.