Giorgia ricorda Alex Baroni a 20 anni dalla morte: “Il tempo non cancella niente”
Il 13 aprile del 2002 moriva Alex Baroni dopo un grave incidente. Nel giorno del ventesimo anniversario è Giorgia a ricordarlo: “Figlio, fratello compagno, artista irripetibile”.
Sono trascorsi esattamente 20 anni dalla morte di Alex Baroni. Il cantautore se ne andava il 13 aprile del 2002, dopo 25 giorni da quell’incidente motociclistico che si è rivelato fatale per il cantante di “Cambiare”. A vent’anni dal decesso è, l’ex compagna di Baroni, a sollecitare il suo ricordo attraverso un post pubblicato sui social in cui campeggia una semplice foto di Alex Baroni e una didascalia sintetica e diretta: “20 anni senza Alex, figlio fratello amico compagno, e Artista irripetibile, il tempo non cancella niente”.
Il rapporto tra Giorgia e Alex Baroni
Quello di Giorgia con Alex Baroni è stato un rapporto particolare, dettato innanzitutto da una grande vicinanza di tipo artistico e diverse collaborazioni. Un rapporto che si è poi trasformato in qualcosa di più intimo con la relazione iniziata nel 1997 e terminata nel 2001, pochi mesi prima della scomparsa di Alex Baroni. Una perdita che ha naturalmente segnato la vita di Giorgia in modo radicale, come ha raccontato pubblicamente in un’intervista recente: “Per me è come se fosse successo un attimo fa, è un modo per tenerlo sempre accanto. All’epoca ebbi un crollo totale e assoluto, io sono stata aiutata. Ora me ne rendo conto, allora non lo capì”.
La morte di Alex Baroni
Alex Baroni resta vittima di un tragico incidente stradale nel pomeriggio del 19 marzo 2002, a Roma. Stava percorrendo in moto la circonvallazione Clodia quando viene travolto da un’automobile che stava compiendo un’inversione di marcia in un punto in cui non avrebbe potuto. Muore venticinque giorni dopo, il 13 aprile, a soli 35 anni. Tifoso dell’Inter, lo stadio Meazza osserva un minuto di silenzio in sua memoria il giorno dopo, nella partita tra Inter e Brescia. Per quell’incidente, l’automobilista viene scagionato dall’accusa di omicidio colposo nel 2007 e assolto. Per il giudice, Alex Baroni procedeva a velocità troppo elevata e senza aver allacciato il casco.
Fonte: Fanpage
Sabrina Ferilli nel film di Pieraccioni: «Quanta ipocrisia in Italia sulla prostituzione»
Alla galleria di preti comici al cinema, dal Don Buro di Christian De Sica al Don Alfio di Verdone, si aggiunge il garbato, Don Simone di Leonardo Pieraccioni, che dopo i 30enni innamorati, gli eterni Peter Pan e i padri di famiglia, ne “Il sesso degli angeli” (dal 21 aprile in sala), veste i panni di parroco di una chiesetta in difficoltà economiche, che spera di poter risollevare grazie all’eredità di uno zio – l’immancabile Massimo Ceccherini in un cameo – aiutato dal sagrestano Marcello Fonte.
Peccato che si tratti di un bordello a Lugano, gestito dalla maîtresse, Sabrina Ferilli, alla sua prima collaborazione con il comico toscano, che a 57 anni, fa i conti con la sua carriera. «Il mio personaggio si chiede ho fatto bene, ho fatto male? Quando si inizia a intravedere l’età della pensione, si fanno i primi veri bilanci. Il mio è positivo, perché indipendentemente dal fare l’attore o l’imbianchino, l’importante è sapersi divertire», dice il regista. Eppure Pieraccioni, nella vita, cresciuto negli oratori e amico di sacerdoti che, parole sue, «dovrebbero sposarsi», con il suo consueto leggero ottimismo racconta un tema scomodo in Italia; se sia lecito riaprire le case di tolleranza. «La prostituzione esiste e lo sfruttamento è un reato. Ci troviamo ancora una volta di fronte alla grande ipocrisia di questo paese, ma di fatto non è regolamentata perché non rientra nel buon costume delle professioni da tutelare», è convinta Sabrina Ferilli, mentre l’attore toscano è «assolutamente favorevole, anche perché vicino casa mia in campagna è pieno di ragazze e mi fanno tenerezza». Nei film di Pieraccioni, il politicamente scorretto, così additato dai social, non esiste, ma «stiamo esagerando. Alcune battute del Ciclone, oggi non si potrebbero neanche pensare, però attenzione il linguaggio rischia di diventare innaturale», avverte il comico, mentre per Ferilli «sono forme di violenze e censura che resettano tutto, è una situazione mostruosa».
Fonte: Blog.Libero
Bangla: dal film alla serie TV
In esclusiva su RaiPlay, dal 13 aprile, la commedia sentimentale che tratta la questione dell’integrazione in modo divertente e brillante. Poi, dal 27 andrà in onda su Rai 3, un episodio al giorno dal lunedì al venerdì
Torna Bangla, ma questa volta sul piccolo schermo. Il film omonimo è stato premiato come Miglior commedia ai Nastri d’Argento nel 2019 e per il Miglior regista esordiente ai David di Donatello del 2020 e dalla scena conclusiva del lungometraggio parte la nuova serie tv: prosecuzione dell’ironico e spassoso diario sentimentale di Phaim, italiano di seconda generazione, bengalese di origine, nato e cresciuto a Torpignattara, multietnico quartiere di Roma Est, in bilico tra tradizione, modernità e globalizzazione.
Con la regia di Emanuele Scaringi e Phaim Bhuiyan e interpretata dallo stesso Phaim Bhuiyan, Carlotta Antonelli, Pietro Sermonti e Simone Liberati, la serie è prodotta da Fandango in collaborazione con Rai Fiction e conta 8 episodi, durante i quali il protagonista racconta cosa voglia dire essere musulmano praticante e vivere in un mondo lontano dai precetti dell’Islam.
La vita quotidiana di Phaim è scandita dalle proprie tradizioni che però devono fare i conti con le sue relazioni amorose.
La famiglia del protagonista lo invita a rispettare la cultura di provenienza, ma lui è innamorato, ricambiato, di Asia: ragazza anticonformista e ribelle, e questo rende difficile il dialogo tra le due identità.
Phaim è 50% Bangla e 50% italiano, ma 100% “Torpigna”, inteso come abitante del quartiere romano di Torpignattara, dove lo sceneggiatore, regista e interprete, vive da sempre e dove ha ambientato il film che gli è valso anche il David di Donatello come miglior esordiente nel 2018.
“La mia religione dice che fino al matrimonio il sesso non lo vedi manco col binocolo, un po’ come la vostra, solo che noi non famo come ce pare…” è una delle tante battute in cui, con ironia, Phaim prova a trovare punti in comune tra le due religioni con cui si confronta, vivendo in bilico tra il sentirsi italiano e, allo stesso tempo, orgoglioso delle proprie origini bengalesi.
Il regista è stato paragonato dalla critica a Nanni Moretti, complimento che Phaim ha più volte detto di raccogliere come fonte di ispirazione. Il giovane sceneggiatore crede necessario alimentare il dialogo sulle difficoltà di integrazione che si trovano ad affrontare gli italiani di seconda generazione, perché ritiene che, nel nostro Paese, ci siano ancora molte difficoltà nel riconoscere che ci siano dei nuovi connazionali che hanno semplicemente un background e origini diverse.
La madre del regista nel film interpreta se stessa e, come nella vita, lo invita a trovarsi un vero lavoro, come se il cinema non lo fosse, ma poi, in privato, ammette col figlio che, grazie al suo lavoro, anche gli stessi immigrati riescono a capire come vivano le seconde generazioni, perché in tanti si vergognano a dire, persino in famiglia, che la laurea presa in Bangladesh in Italia non è riconosciuta e che per mantenersi è necessario svolgere lavori umili.
Fonte: RaiNews
Libri: il 21 si presenta “Se bruciasse la città”
Il 21 c’è la presentazione del libro di Massimiliano Smeriglio “Se bruciasse la città”, un racconto ambientato nella periferia di Roma, appuntamento fissato a Palazzo Valentini alle 18.
Presenti l’assessore del Comune di Roma Andrea Catarci e il vice sindaco di Roma Pierluigi Sanna.
Fonte: L’agone
Per tutte le info: info@roma-news.it
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