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Il palcoscenico di Veronica

Il palcoscenico di Veronica, un’impresa a partecipazione collettiva

A tu per tu con Veronica Liberale, autrice e attrice teatrale, in occasione del debutto del suo prossimo spettacolo “Gregory, Storia di una famiglia” tanto significativo, quanto irriverente

Per fare teatro ci vuole coraggio, per cominciare. Il teatro si fa, si scrive, si recita, si osserva, si

monta e si smonta, si illumina, si danza, si canta e si vive.

Tutte queste ragioni, prese singolarmente o insieme traducono in impresa qualcosa di

assolutamente intimo, emotivamente vissuto.

Se ciò è vero in assoluto, l’ardimentosa impresa del fare teatro è tradotta in misura particolarmente

efficace da  Veronica Liberale, romana, autrice e interprete di memorabili soggetti teatrali,

protagonista di svariati palcoscenici della Capitale e appuntamento costante del Teatro de’ Servi.

Abbiamo incontrato Veronica per conoscere più da vicino l’ispirazione che c’è alla base dei suoi testi

in generale e del suo prossimo spettacolo in particolare. Lei che il teatro per l’appunto lo fa,

vivendolo e avendo scelto per questa nuova produzione da una parte l’efficienza, di un’innovativa

organizzazione autoprodotta, dall’altra dei contenuti che rappresentano a tutt’oggi un tabù.

Per farmi raccontare la nuova avventura teatrale ho cercato Veronica al telefono e attraverso la sua avvolgente voce capitolina, ha cominciato a raccontarsi.

Ai tempi dell’università, non ho avuto tanti dubbi su cosa mi piacesse fare, non perché avessi scelto

la facoltà giusta ma perché durante la frequentazione di Scienze Politiche seguivo parallelamente i

corsi del Teatro L’Ateneo, imperdibili.

Era un palcoscenico interno a L’Università La Sapienza che stimolava gli allievi dei vari

dipartimenti, personalmente  mi ero appassionata al corso di teatro della spontaneità, tenuto da un

vecchio Professore, uno psichiatra che veniva dall’America. I suoi testi erano rinomati, avevano

fama di provenire da «The Actors Studio» di New York,  gli esercizi che assegnava prevedevano dei

titoli che avremmo dovuto sviluppare a parole nostre. Personalmente invece di mettermi alla prova

sulla recitazione  e gli svariati flussi di coscienza o monologhi previsti, usai quegli incipit come

spunto per scrivere testi che poi mettevamo in scena. Devo molto a quei scritti, perché da allora non

mi sono più fermata. Scrivere mi ha aiutata, principalmente a fare l’attrice, a farla meglio senz’altro.

Recitare solo mi dava la sensazione di essere incompleta, così dopo avere vinto il concorso Roma

Comic off ho trovato il giusto slancio per dedicarmi con convinzione alla scrittura dei miei testi.

Nelle tue produzioni, indimenticabile il lavoro dello scorso anno su Rodari Dalla parte della cicala. Vita di Gianni Rodari replicato in tutta Roma, emerge la sensibilità ai temi sociali. I testi vibrano di passione sociale, cos’hai in programma tra le novità in scena?

Sì, è vero i temi sociali mi appassionano ma la chiave con cui mi piace affrontarli è sempre quella

della commedia. Mi piace portare al pubblico temi importanti attraverso l’ironia, la leggerezza, mi

ispiro alla grande commedia all’italiana osservando la quale sono cresciuta. Nella commedia Pane,

latte e lacrime anche quella una storia di condivisione e solidarietà ambientata a Roma nel quartiere

di San Lorenzo, portavo in scena un’epoca in cui i rioni rappresentavano per tutti una grande

famiglia, volevo risvegliare con l’ironia dei ricordi storici, anche drammatici, ormai dimenticati da

tempo.

Stavolta invece mi sono confrontata con un tema molto grande che all’opinione pubblica crea non

pochi grattacapi,  grande come  l’autismo.

Il tema “grande” che porta la tua firma, inizia innanzitutto dal tuo privato…

Sono mamma di un bambino autistico di 9 anni,  mi sono trovata sin dalla sua nascita ad affrontare

tutto il percorso e le difficoltà tipiche, ma la scelta di raccontare a teatro una storia molto simile alla

nostra non ha a che fare con uno psicodramma autobiografico, non l’avrei mai fatto anche

semplicemente perché considero la mia una storia in evoluzione, raccontarla avrebbe significato

chiuderla e metterle un punto.

La mia produzione teatrale ha l’ambizione di affrontare quella comune vergogna nel nominare

questo tipo di problema, quel pregiudizio che induce l’opinione pubblica a definirla una disabilità

“invisibile” con la prospettiva di cambiare la visione culturale dell’autismo grazie all’ironia, il

sorriso, la commedia. Il mio testo è la storia romanzata di una famiglia imperfetta, papà, mamma,

zia, nonni che portano in scena tutte le suggestioni che certamente ho provato in questi anni e che

mi hanno aiutata a comporre l’immagine di una comunità familiare alla prese con la nascita di un

bambino con la sindrome dello spettro autistico. Quanta prudenza, quanta paura nel pronunciare

questa parola ma quanta importanza ha il ruolo familiare nel sostenere tutte le esigenze del figlio,

provo a raccontarle tutte con la speranza e la forza che la rappresentazione scenica comica da sola sa

restituire. La leggerezza è da sempre la mia cifra stilistica, mi aiuta principalmente a dare speranza,

a far sognare, e in questo soggetto a far riflettere sul concetto di  normalità, mai esistito nella

realtà. Molto parliamo ma nella realtà molto non sappiamo, non esistendo di fatto una

contrapposizione tra cervelli normali e anormali, semplicemente una grande varietà umana.

Subito dopo avere scritto il testo l’ho sottoposto a Nicola Pistoia regista e interprete di cui mi fido 

molto che si è innamorato del progetto, così ho organizzato immediatamente il cast e

finalmente Gregory uscirà a metà febbraio.

La semplicità con cui descrivi la realizzazione del tuo ambizioso progetto, a ridosso della chiusura dovuta alla pandemia, è principalmente frutto della tua forza. In realtà il finanziamento della cultura in Italia gode di disponibilità sempre più ridotte, e dovendoti rimboccare le maniche in un periodo caratterizzato da stretta creditizia, scarsità di risorse pubbliche e accesso al credito, e scarsa circolazione di denaro, hai imparato anche un nuovo linguaggio economico.

Ho doverosamente imparato un nuovo linguaggio finanziario. Tutto molto complicato sia chiaro per

me, a cominciare da questo nome con cui mi perdonerete la scarsa familiarità.

Tuttavia non tutti gli artisti possono facilmente accedere ai fondi per il teatro, ho una compagnia

magnifica che ha sempre lavorato con tutta la passione e la generosità necessaria, non la cambierei

certamente in favore di un probabile mecenatismo favorito dalla pubblicità di un nome famoso, così

ho guardato altrove e consigliata da alcuni colleghi, mi sono convinta a questo principio di finanza

condivisa, il crowdfunding, le cosiddette produzioni dal basso.

Il crowdfunding e la potenzialità di coinvolgere un pubblico attraverso la capillarità

mondiale della rete è un filone di sfida e supporto economico digitale che può

permettere il sostegno anche a manifestazioni e progetti artistici e culturali.

Puntare sul crowfunding è un’opportunità sempre più apprezzata per le performance

artistiche in grado di suscitare rinnovato interesse presso le nuove generazioni

di aspiranti investitori  che decidono di unire le proprie forze attraverso le

piattaforme online. Un esempio che ha cominciato già da qualche anno a sintetizzare

il concetto di arte con l’economia digitale è dato dal Museo del Louvre in grado di

organizzare annualmente una campagna quadrimestrale di crowdfunding così da

acquisire interesse e mobilitare il finanziamento per i restauri dei principali

capolavori della sua collezione. Le campagne di eventi artistici come la produzione

allestita da Veronica Liberale hanno una durata prestabilita entro la quale è

necessario raggiungere il valore stimato dell’opera o dell’evento culturale, nel caso in

cui la cifra necessaria all’acquisto non venga raggiunta, chi ha versato dei soldi viene

rimborsato. Il crowdfunding in sostanza offre l’opportunità concessa da internet per

aggregare grandi  numeri di persone che condividono interessi e passioni comuni,

motivandole a finanziare progetti altrimenti ignorati dallo “show business”.

E’ nato negli Usa negli anni ‘90 ma la sua diffusione popolare e l’incremento delle

possibilità di connessione si deve alla scelta di Barak Obama di utilizzarlo per

finanziare la sua campagna presidenziale del 2008, ad oggi il suo impiego è molto in

linea per sostenere la produzione e diffusione di idee progettuali nell’ambito dell’arte,

design, moda, musica registrata, spettacoli teatrali, festival, editoria.

Quale migliore occasione per lanciare una campagna di crowdfunding? Il link benefico funziona

attraverso una donazione sulla piattaforma verticale ma anche attraverso una semplice condivisione

in rete.

Inizialmente scettica mi sono persuasa grazie all’entusiasmo di tutto il mio cast artistico che mi ha

fortemente incentivata, potrebbe sembrare una soluzione facile descritta così in realtà confesso che

di facile in Italia non c’è niente. In ogni caso e finalmente allestiremo lo spettacolo, potremo pagare

le maestranze, il rimborso al regista, al tecnico, i fondi necessari per la sala prove, per le scene e i

costumi. Non avrei certamente potuto chiedere a tutti questi lavoratori professionisti, dopo un

fermo di due anni, di venire a lavorare gratis.  La sento tutta la grande energia fisica richiesta da

questo debutto, mi sento mai come adesso un’artigiana al servizio del pubblico, ed è con la

temerarietà che tipicamente restituisce l’arte manuale che vi aspetto numerosi per il debutto in

quest’avventura, Gregory una storia di famiglia, al Teatro de’  Servi, il prossimo 17 febbraio.

Saluto Veronica e il suo Gregory, il confronto su temi tanto grandi come la neuro

diversità ma anche i pochi fondi per gli investimenti artistici e le nuove sfide digitali

per supportare i finanziamenti culturali, mi hanno riservato il privilegio di toccare

con mano il più efficace paradigma di ciò che l’esperienza teatrale tenta ogni volta di

insegnarci: darci la possibilità di assistere alla più concreta e autentica delle

partecipazioni collettive messe in scena.

GREGORY: UNA STORIA DI FAMIGLIA

 di VERONICA LIBERALE – regia di NICOLA PISTOIA

Con FRANCESCO DE ROSA,
VERONICA LIBERALE
FRANCESCA PAUSILLI
STEFANIA POLENTINI
ARMANDO PUCCIO
FRANCESCO STELLA

In scena al TEATRO DE SERVI 
dal 17 FEBBRAIO  al 6 MARZO
dal martedì al sabato ore 20
domenica ore 17.30

Fonte: 2duerighe

Per tutte le info: info@roma-news.it

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