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Pranzo di Natale nella Basilica di Santa Maria di Trastevere

Nuovi poveri per il Covid, torna il pranzo di Natale con anziani, rifugiati e senza fissa dimora nella Basilica di Santa Maria di Trastevere

Dopo lo stop imposto dal lockdown di un anno fa, la grande tavolata con 150 ospiti organizzata dalla

Comunità di Sant’Egidio, resa possibile grazie alla campagna di vaccinazione.

I volontari assicureanno pasti caldi o pacchi alimentari almeno 20mila persone in diversi quartieri

della città.

Dopo lo stop imposto dal lockdown, torna quest’anno il pranzo di Natale organizzato dalla

Comunità di Sant’Egidio nella basilica di Santa Maria in Trastevere per le persone senza

fissa dimora, poveri e rifugiati.

Anche questo è un segnale di ripartenza reso possibile dalla campagna di vaccinazione: il pranzo

sarà offerto il 25 dicembre a 150 persone senza dimora e anziani o rifugiati, assistiti da Sant’Egidio,

tutti con green pass, nei locali della basilica.

A preparare i pasti saranno i volontari della Comunità di Sant’Egidio che serviranno i piatti

tradizionali della festa: lasagne, polpettone, lenticchie, panettone e pandoro.

E non c’è Natale che si rispetti senza regalo sotto l’albero: a ciascuno dei 150 invitati riceverà un

dono personalizzato.

Il ritorno del pranzo di Natale nella basilica di Santa Maria in Trastevere è un segnale importante di

ripartenza anche perché è una tradizione inaugurata nel 1982 per volere della Comunità di

Sant’Egidio, nata nel 1968 dopo il Concilio Vaticano II per volere dell’allora studente Andrea

Riccardi (futuro professore di Storia Contemporanea a Roma Tre e ministro dell’Integrazione e

cooperazione nel governo Monti): da Trastevere è diventata un simbolo di accoglienza in

tutto il mondo e un appuntamento tradizionale per almeno 240mila ospiti in 70 paesi tra cui

Spagna, germania, Russia, Argentina.

Quest’anno però a Roma ha un valore particolare perché anche la capitale è costretta a fare i conti e

a leccarsi le ferite dopo il lockdown: nel 2021 la Comunità ha distribuito a famiglie in difficoltà

economiche che vivono dentro il raccordo (anzi, soprattutto lungo il Gra) non meno di 213mila

pacchi alimentari con beni di prima necessità, la metà del totale distribuiti in tutta Italia.

I centri di distribuzione e assistenza a famiglie povere a Roma sono passati da 3 a 28 e dall’inizio

della pandemia sono sorti 43 nuovi cohousing, forme di coabitazione sociale in appartamenti che

coinvolge anziani o persone senza fissa dimora estranei sotto lo stesso tetto per condividere le spese

vive e poter arrivare a fine mese: sono almeno 900 le nuove famiglie che vivono al momento in

cohousing.

In tutta Roma la Comunità di Sant’Egidio assisterà con pasti caldi o pacchi alimentari almeno

20mila persone in diversi quartieri della città, soprattutto in zona San Pietro, Trastevere e centro

storico, Torbella monaca e altri quartieri della fascia est della capitale; quello della basilica di Santa

Maria in Trsstevere è il più conosciuto.

Sono tante le storie di “nuovi poveri” targati Covid.

Morena ha 65 anni e una grande passione, l’uncinetto.

“Mi piace tantissimo. Prima le amiche mi portavano il cotone e lo facevo gratuitamente.

Ora mi devo far pagare”.

Dall’inizio della pandemia Morena ha iniziato a frequentare il centrom della Comunità di

Sant’Egidio in Piazza dei Consoli, nel quartiere Tuscolano. La fila per prendere il pacco

alimentare non è (più) un imbarazzo. “Avevo un negozio di giocattoli. Ma ora abbiamo chiuso.

Prima tiravamo la cinghia fino alla fine del mese, ma ce la facevamo sempre.

Con la pandemia abbiamo mollato. Gli aiuti stanziati dal governo – 600 euro al mese per due mesi –

non sono bastati neanche per pagare l’affitto del negozio, che nel frattempo era chiuso.

Per pagare i debiti abbiamo dovuto vendere casa.

Ora viviamo da nostro figlio, ma ufficialmente siamo senza fissa dimora.

Ho due figli: la grande ha 33 anni, fa la commessa, ma in nero; il piccolo ha 25 anni, lavorava in un

laboratorio di tatuaggi, ma ora è disoccupato perché ha avuto un incidente”.

Famiglie monoreddito, lavoratori precari, madri sole, anziani.

Sono loro i “nuovi poveri” figli della pandemia, aumentati in modo esponenziale nell’ultimo anno e

mezzo.

“Le ferite del Covid sono ancora aperte – spiega il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco

Impagliazzo –

Questa stagione di emergenza non si è ancora conclusa e si può affrontare soltanto insieme: i

cittadini e le istituzioni devono unirsi per una grande mobilitazione in favore di chi ha subito

maggiormente le conseguenze della pandemia.

Le feste di Natale, momento caldo e di famiglia, saranno l’occasione per aggiungere un posto a

tavola e per non dimenticare chi ha bisogno”.

Fonte: Repubblica

Per tutte le info: info@roma-news.it

https://www.santamariaintrastevere.it/

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